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P. ENRICO SECONDIN O.Carm.


S. Giorgio di Nogaro (UD)  27-12-1934    –   Bologna 5-12-2018

Primo di otto figli, è nato a S. Giorgio di Nogaro (UD), nel basso Friuli, ma ha vissuto la sua fanciullezza in territorio veneziano (Veneto Orientale). Nelle campagne di Caorle (VE) dove ha conosciuto da vicino gli orrori della guerra 1940-1945, ma anche la tradizione religiosa di una popolazione molto praticante. A 14 anni  è entrato nel “marianato” di Vittorio Veneto, città a ridosso delle famose montagne Dolomiti, e poi a s. Felice del Benaco (sul lago di Garda – Brescia) negli anni della formazione fino al sacerdozio. È entrato in noviziato il 14 settembre 1953 ed ha fatto la prima professione il 15 settembre 1954. Ha ricevuto una formazione solida e illuminata, da parte di padri carmelitani innamorati delle tradizioni dell’Ordine, ma anche ricchi di sapienza spirituale. Ha studiato teologia nel seminario diocesano di Vittorio Veneto ed è stato ordinato sacerdote il 3 luglio 1960 dal vescovo locale Albino Luciani, poi diventato per breve tempo Papa Giovanni Paolo I (estate 1978). Faceva parte dei primi tre sacerdoti del Commissariato dell’Italia Settentrionale.

Per la sua formazione permanente è stato anche a più riprese a Roma a studiare: i primi due anni al Collegio nazionale italiano Pio XI e poi (dimorando a S. Alberto), in seguito per altri due anni ha conseguito il titolo di Licenza in teologia pastorale (all’Università Lateranense: 1972-1973) e poi si è specializzato anche in spiritualità (Teresianum: 1982-1983). Gli mancava solo la tesi di dottorato, che non ha mai scritto. Da Vittorio Veneto, negli anni di ministero sacerdotale, ha pure frequentato a Padova l’Istituto di Liturgia pastorale.

La sua attività pastorale – predicazione, confessioni, cappellanie festive, ecc. – l’ha esercitata in vari luoghi. A Vittorio Veneto come giovane sacerdote, dove ebbe anche vari incarichi: direttore della Casa del Fanciulloe della Colonia estivatra le Dolomiti. Impegni dove profuse tutta la sua generosità facendosi apprezzare per la sua rettitudine morale e la sua capacità organizzativa. Mai una chiacchiera negativa sul suo conto in tutta la vita.

Dopo l’anno di formazione permanente a Roma (1972-1973) fu nominato parroco nella nuova parrocchia di Brescia: in periferia urbana, dove c’era tutto da costruire. Fu parroco dal 1973 al 1982: nei 9 anni che c’è stato ha costruito praticamente da zero la Chiesa, tutte le opere parrocchiali e il Convento. Una fatica grande, che affrontò con coraggio e audacia, lasciando un ricordo di pastore zelante e buono, ma anche di amministratore fedele e intelligente.

Passato ancora un anno a Roma ad aggiornarsi (1982-1983), tornò nel 1983 al santuario di S. Felice del Benaco (BS), dove rimase fino al 1991, per mettere mano ad una situazione ingarbugliata, che lo faceva molto soffrire, a causa di imprudenze amministrative e pastorali di chi lo aveva preceduto sul posto. Eppure in tutto ha sempre conservato serenità ed equilibrio, dedicandosi a dare bellezza e splendore a quel santuario, e facendosi apprezzare come confessore e uomo di dolcezza serena. Ebbe modo anche di mostrare la sua passione per le memorie dell’Ordine e la custodia amorosa della bellezza artistica del Santuario scrivendo una grossa guida storico-artistica, con notizie inedite trovate negli archivi e con vero senso estetico.

Nel 1991 ritornò a Vittorio Veneto, fino al 1997, dove nel frattempo la Casa del Fanciullo si era trasformata in scuola alberghiera: e anche nella nuova situazione mostrò saggezza amministrativa e passione per le memorie storiche di quel convento. Ne scrisse una nuova guida storico-artistica, si impegnò molto nel restauro degli affreschi e dei quadri, e per il risanamento degli edifici. 

Passò poi al convento di Bologna (1997-2000), senza incarichi, ma da subito si innamorò delle glorie passate del convento e del patrimonio artistico presente nella Basilica di S. Martino Maggiore. Ritornò al convento di Vittorio Veneto per altri quattro anni, fino alla chiusura del convento (2004), che visse con tanto dolore, ma anche con tanta dignità e obbedienza. Anche qui la sua passione per le memorie la espresse con un grande sforzo di restauro di quanto non aveva restaurato prima.

Passò poi 2 anni (2004-2006) nel convento di Albano Laziale (RM), facendosi apprezzare per la sua sapienza pastorale e spirituale e per la assiduità alle confessioni. Infine ritornò di nuovo verso Bologna per un triennio (2006-2009) in cui lavorò ancora per una nuova edizione (ampliata) della Guida storico-artistica della Basilica. Nel 2009 fu nominato priore del Convento-Santuario di Jesi (AN), dove rimase fino al 2012, facendosi apprezzare da tutti per la disponibilità e lo stile zelante nella cura del Santuario. Infine tornò ancora a Bologna nel 2012, e vi è rimasto fino alla sua morte (2018), fedele innamorato del servizio in chiesa e della vita comunitaria. E ancora negli ultimi mesi stava rivedendo la guida che già aveva scritto, con nuove informazioni, correzioni e revisioni. 

Ovunque è stato ha lasciato una scia del buon profumo del Signore. Tutti ricordano il suo carattere solido e aperto, ma anche il sorriso accogliente e la tendenza all’approccio giocoso, ironico (ma molto garbato), senza alcuna vanteria. Amava lo scherzo senza mai oltrepassare il limite del buon senso e del rispetto. Fedele alla sua vocazione ha sempre parlato della famiglia carmelitana con orgoglio. Cercava di conoscere la sua storia, di informarsi sui nuovi sviluppi, di tenere viva la sua memoria. 

Amava viaggiare, conoscere culture e popoli: assieme al fratello p. Bruno, ha girato per l’intera Europa, e dovunque trovasse una memoria carmelitana, si interessava con gioia anche nei minimi particolari. Aveva anche alcuni hobbies: se trovava fiori o frutti sconosciuti si procurava i semi per coltivarli anche qui a casa. Amava fare la collezione dei francobolli e nel tempo ne ha raccolti varie migliaia. In tutto metteva sempre un approccio carico di stupore: e questo lo rendeva simpatico. Aveva anche una abilità manuale: sapeva fare tanti lavori pratici e aveva cura anche della conservazione delle cose materiali dei conventi, con senso concreto e abilità.

Anche come priore è sempre stato servitore degli altri, mai approfittò del ruolo per fantasiose libertà di gestione o evasione. Restauratore di conventi e dei loro beni artistici, lo fece sempre con onesta amministrazione e paziente programmazione, specie quando le risorse scarseggiavano. Sapeva trovare benefattori col suo sorriso e la sua gentilezza. Era la sua arma di conquista!

Amava le glorie del nostro passato. Ne sono prova i libri di guida artistica e storica che ha scritto – lui che non era studioso di professione – su Brescia, San Felice, Vittorio Veneto, Bologna. Pastore buono e generoso: non solo come parroco a Brescia, ma dovunque ha esercitato il suo ministero sacerdotale. Confessore ricercato da sacerdoti e suore, ma anche da tanti fedeli laici, che trovavano in lui la parola sapiente, l’accoglienza paziente, assieme al rigore morale e alla disponibilità infaticabile.

Formatore prudente e felice: è stato anche formatore in contesti non formali. Come con i giovani della Casa del Fanciullo a Vittorio Veneto, con i ragazzi della colonia estiva in montagna, con i giovani della parrocchia di Brescia, con le comunità religiose femminili di cui è stato per tanti anni confessore ricercato. Sapeva accompagnare le persone senza forzature, sulla soglia del mistero di ognuno, felice nel vederli prendere le strade della vita con onestà e serietà.

Riposi nella pace!

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