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Omaggio a P. Mario Ruggeri (a cura di P. Franco Granata e foto di P. Sebastian Benchea)

Davanti al sole persista il suo nome (Sal 71,17) 

Qualche anno fa, mentre mi trovavo di comunità al Carmine di Firenze, venne una coppia delle zone di Bologna, chiedendomi di poter visitare la tomba di un certo padre Mario Ruggeri. Non avevo mai sentito questo nome. Di frati anziani conosciuti nel corso della mia giovinezza e poi deceduti, ricordavo molti nomi, ma di questo padre Ruggeri non avevo mai sentito parlare. Con il permesso del Priore scendemmo nella cripta umida e fredda, ed arrivammo alla parete di piccoli loculi bianchi dentro ai quali riposano le ossa di diversi confratelli. Non erano molte le tombe e mi fu facile individuare la piccola lapide con il nome del frate che stavo cercando. I due visitatori toccarono la piccola lastra di marmo, si segnarono, rimasero in silenzio un momento e poi mi dissero che quel frate era stato ucciso dai nazisti. Tornando al piano superiore, quel giorno a tavola dissi: “Tra i confratelli sepolti nella cripta abbiamo un martire!”. 

Ma chi era questo padre Mario? Era nato a San Benedetto Val di Sambro (Bologna) il 28 febbraio del 1913 e a tredici anni era entrato nel marianato del convento carmelitano di Vittorio Veneto. Nel 1933 era stato inviato a Firenze per gli studi teologici e tre anni più tardi, nel 1936, era stato ordinato sacerdote venendo di seguito trasferito a Ravenna, presso il convento di San Giovanni Battista, per svolgere il suo ministero. Negli anni del suo apostolato ravennate cominciò a soffrire di ulcera allo stomaco. Fu operato nel 1942, senza avere miglioramenti, piuttosto peggiorando, soffrendo un collasso ed il deperimento continuo della sua salute, accompagnato da terribili dolori all’addome a motivo di un tumore benigno allo stomaco. I superiori lo inviarono il 22 settembre del 1944 a casa del fratello, a Scopeto di Sasso Marconi (Bologna), nella speranza di una convalescenza che desse dei possibili miglioramenti. L’8 ottobre successivo gli abitanti di quel piccolo paese del bolognese ebbero un risveglio violento con l’irruzione di una colonna di soldati nazisti, giunti nel piccolo centro con l’ordine di eseguire un rastrellamento. Sostenendo che nella Casa canonica fossero stati nascosti dei partigiani, i soldati tedeschi nelle prime ore del mattino avevano fatto irruzione nella chiesa parrocchiale, prelevando il parroco ed alcuni fedeli. Dalla chiesa il primo gruppo di deportati fu fatto scendere per le vie del paese mentre i nazisti entravano nelle case rastrellando i civili che venivano trovati. Ad un certo punto entrarono anche nella casa dove il giovane padre Mario si stava preparando per uscire ed andare a celebrare. Gli venne intimato di vestirsi velocemente, ed egli stesso dovette insistere perché gli venisse permesso di mettere la tonaca e le scarpe. Strattonato fuori dalla casa gli venne dato da portare un cesto pieno di uova rubate nelle case razziate, mentre il parroco, don Pasquale Broccadello, doveva portare una cassetta piena di munizioni. Padre Mario comprese subito che la situazione era drammatica, per tale motivo disse al sacerdote compagno di cammino di scambiarsi l’assoluzione. I due sacerdoti bisbigliarono reciprocamente la loro confessione assolvendosi l’un l’altro. Intanto il cammino proseguiva tra insulti e parole oscene per i civili e per i due sacerdoti. Padre Mario era logorato dalla sua malattia e ben presto il suo fisico sfibrato cedette alla stanchezza ed ai dolori. Venendo meno le forze, cadde a terra. Il maresciallo dei tedeschi lo raggiunse non certo per soccorrerlo, ma per intimargli con minacce a riprendere il cammino. Il povero padre Mario cercò di giustificarsi dicendo di essere malato e di essere stato operato. Il soldato tedesco volle vedere la cicatrice dell’intervento subito, e quando il carmelitano mostrò l’addome per farla vedere, il soldato con cinismo gli ordinò di rimettersi in cammino perché a breve sarebbe guarito “molto bene”. Il cammino era ancora lungo, i poveri deportati venivano fatti passare per diversi paesini mentre la loro fila si andava ingrossando con l’arrivo di altri poveri sventurati strappati alle loro case e dalle loro famiglie. Stremato dal cammino e dal dolore, con i gli abiti zuppi di acqua perché costretto a passare a guado un torrente, padre Mario ad un certo punto cadde a terra. Il capo dei nazisti si avvicinò ancora una volta come un lupo inferocito e gli intimò di riprendere il cammino. Padre Mario tentò di rialzarsi ma ormai le sue forze erano finite. Ad un certo punto il maresciallo con voce rabbiosa lo chiamò: “Pastore!”. Il carmelitano si voltò ed una raffica di proiettili lo colpì alla gola. Cadde a terra ma non morì subito; agonizzante, i suoi compagni di prigionia che osservano terrorizzati la scena lo sentivano invocare Dio. Il suo assassino si avvicinò, gli puntò una pistola alla fronte e sparò un ultimo colpo. Il corpo di padre Mario rimase lì per cinque giorni perché il timore di essere puniti dai nazisti impediva alla gente di provvedere a dargli sepoltura. Solo una donna pietosamente stese sopra di esso un drappo fino a che il 14 ottobre la salma di padre Mario fu portata al cimitero di Tignano dai parrocchiani sollecitati dal parroco, che a differenza del nostro carmelitano, era scampato al martirio.

L’Arcivescovo di Bologna, il Cardinale Matteo Maria Zuppi, a settantasei anni dal martirio di Padre Mario, ha inaugurato un cippo commemorativo sul luogo preciso dell’uccisione del nostro confratello, la cui memoria rimane ancora viva tra la gente di Sasso Marconi. Voglia Dio che il suo ricordo venga riacquistato anche da noi che per motivi diversi non sapevamo più nulla del sacrificio di questo nostro fratello e magari avere, dal discernimento della Chiesa, la gioia di poterlo salutare come martire.

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