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Terz’Ordine

Le origini del Terz’Ordine Carmelitano

16 maggio 2011
«Le origini dell’associazione laicale con gli Ordini religiosi risalgono al monachesimo dell’XI secolo.
Quanti desideravano condurre uno stile di vita simile ai religiosi ma non erano monaci o suore venivano denominati: conversi (gli uomini) o conversæ (le donne).
Queste persone laiche prendevano i voti e vivevano in comunità.
Ne sono prova i monasteri femminili aggregati all’Ordine dal XIII secolo in poi.
Il più antico gruppo di sorores (sorelle) conosciuto nell’Ordine risale al 1300 quando il Priore Generale Gerardo di Bologna aggregò un gruppo di Venezia all’Ordine.
Si ha notizia del più antico gruppo di “laici carmelitani” a Lucca, sempre in Italia, nel 1284.
Prima della Bolla “Cum Nulla” c’erano già uomini e donne associati all’Ordine a vario titolo.
Questi individui e gruppi erano considerati appartenenti all’Ordine, indipendentemente dalla loro condizione giuridica. L’Ordine è stato sempre ricco di creatività e ha condiviso il carisma con altri che ad esso si ispiravano.
Il riconoscimento ufficiale è venuto più tardi. È il modo normale con cui accadono le cose. Anche oggi in diverse parti dell’Ordine è riscontrabile questo.
Le nuove avventure sono sempre un rischio ma possiamo imparare dal passato che Dio può trarre cose meravigliose da inizi molto piccoli.
La Bolla “Cum Nulla” aprì la porta all’entrata nell’Ordine delle sorelle di vita apostolica, impegnate per la diffusione del regno di Dio in tutto il mondo.
Queste donne carmelitane testimoniano la buona novella che Gesù Cristo portò principalmente ai poveri.
L’anniversario della Bolla è un’opportunità perché tutta la Famiglia Carmelitana rifletta sui diversi modi di vivere i valori fondamentali carmelitani.
Con questa lettera desidero soffermarmi particolarmente sull’importanza per la Famiglia Carmelitana delle nostre monache e laici carmelitani» (J. Chalmers, Nella terra del Carmelo, Lettera alla Famiglia Carmelitana in occasione del 550° Anniversario della Bolla “Cum Nulla”, 3-5).

Il suo rapporto con il popolo
Il TOC vive incarnato in un territorio ed in un popolo, ne condivide il cammino e la storia, le gioie e i dolori, le speranze e le angosce.
Il Dio in cui crede è il Dio della storia, il Dio-con-noi, per questo la sua prima preoccupazione è mantenersi unito a questo Dio che vive in mezzo al suo popolo.
Di conseguenza, concepisce e vive la Chiesa come mistero di comunione, come popolo di Dio, così come è stato presentato dal Concilio Vaticano II.
La considera come “la fontana del villaggio” (Beato Giovanni XXIII), uno spazio cioè dove tutte le differenze si incontrano in un dialogo positivo e promozionale.
Accetta il popolo di Dio così com’è, senza escludere nessuno: ne accetta tutte le precarietà, i limiti, le difficoltà, sapendo che solo camminando con questo popolo, con questa realtà, con queste persone riuscirà a fare qualcosa per lo stesso popolo.
Le diversità che esistono nel popolo di Dio, le concepisce e le vive come ricchezza e manifestazione dello Spirito, come completezza dello stesso corpo.
Si impegna a promuovere queste diversità affinché la stessa realtà della Chiesa sia sempre più significativa a livello di segno e strumento della comunione degli uomini con Dio e tra di loro.
Consapevole di ciò, partecipa attivamente e fruttuosamente ai momenti più importanti e significativi della vita del popolo, lì dove il volto di Dio diventa più chiaro, più visibile di fronte al mondo.

Il suo rapporto con le altre realtà del Carmelo
Il TOC considera il carisma carmelitano come patrimonio comune di tutto il popolo di Dio.
Vi partecipa per diventare, con sempre maggiore vitalità, “pietra viva” nell’edificio della Chiesa. La sua partecipazione alle iniziative comuni di tutta la Famiglia Carmelitana ha come ultimo obiettivo non lo stesso Carmelo, ma il condividere la missione che il Signore affida a tutta la sua Chiesa.
La vita nel Carmelo, è una genuina spinta di vita ecclesiale, è una possibilità di diventare “pietra viva”.
Il TOC con gli altri gruppi di persone che si ispirano alla Regola del Carmelo (di ogni ramo ed espressione) costituisce spiritualmente nella Chiesa la Famiglia Carmelitana.
Con essi, per quanto è possibile, vive in comunione, collabora a progetti ed iniziative comuni e serve perché non si perda “l’abitudine di stare con Dio”.
Vita di comunione, di collaborazione e di servizio che diventa più profonda ed evidente con i gruppi carmelitani del proprio territorio, del proprio ambito di vita.
Tutta la Famiglia del Carmelo, nei vari ambiti e competenze, offre al TOC aiuti per una vita spiritualmente stabile e mezzi per il conseguimento della perfezione della carità.

Il suo servizio al popolo
Il TOC concepisce la Chiesa come un popolo dove tutti danno il proprio contributo, dove tutti sono al servizio del tutto.
È consapevole, quindi che il Terz’Ordine avrà vita, non nella misura in cui si preoccuperà di se stesso, di mantenere e rafforzare la sua struttura, ma solo nella misura in cui tenta di servire il tutto, di avere come orizzonte l’insieme del popolo di Dio.
Per questo la sua preoccupazione non è quella di rafforzare la fraternità e neppure quella di rafforzare la struttura della Chiesa, ma quella di servire il popolo perché questo faccia il passo che Dio gli sta chiedendo di fare.
I Terziari, allora, sono aperti “nel tutto per il tutto”. Sanno benissimo che non parte da loro stessi per servire gli altri, ma dall’insieme, da tutto il popolo, dalle esigenze di tutti.
Per questo il loro servizio ha come presupposto il camminare con il tutto.

Quale allora il servizio specifico del Terz’Ordine?
Non far perdere alla comunità, al proprio popolo, l’abitudine di stare con Dio nelle cose quotidiane, negli affari e responsabilità di ogni giorno.
Per questo vive ed offre alla comunità ambiti di lettura della presenza di Dio nella vita di ogni giorno; denuncia tutto ciò che allontana le persone da Dio e annuncia tutto ciò che promuove la comunione e l’obbedienza al piano di Dio.
Promuove, lotta e serve affinché l’umanità sempre maturi come fraternità, come famiglia. Lo Scapolare è il segno della scelta del TOC che esprime il suo servizio al popolo.
È il grembiule per i servizi di ogni giorno.
È la scelta di stare in mezzo al suo popolo come Gesù che serve ed invita a servire.

Lo stile di vita
I Terziari sono dei contemplativi in mezzo alla società.
Sanno ascoltare i movimenti della coscienza del proprio popolo e quelli della coscienza collettiva dell’umanità.
Sanno interpretare e capire questi movimenti alla luce della Parola di Dio, capaci di pregare e viverli.
Questo permette loro di saper comprendere la realtà con obiettività e capire in quale direzione si sta muovendo la storia.
Tutto ciò li rende vigili e attenti ai segni della presenza di Dio a cui aderiscono in modo quasi istintivo e gioioso, tanto da lasciarsi entusiasmare dalle grandi opere che compie lo Spirito del Signore.
Sanno che ogni momento è un momento di salvezza, un “kairos”, per questo sono attenti ad esprimere solidarietà a quanto c’è di Dio nelle persone, negli avvenimenti e nelle circostanze, anche le più quotidiane, della vita.
Tutto ordinano secondo Dio capaci di indicare il giusto valore delle cose temporali.
Pronti a proclamare la Parola di Dio che la storia ci dona con il coraggio di denunciare ciò che non è secondo la Parola e annunciando ciò che gli è conforme.
Cercano e creano una vita “silenziosa”, condizione indispensabile per vigilare, sperare, pregare la Parola che si fa storia e per donarsi ad essa in un dialogo di amore profondo.
La loro preoccupazione per la fraternità li rendi attenti a tutti e nel tutti, all’ultimo. Sanno che l’ultimo è colui che Dio sceglie per annunciare il suo Vangelo.
E da lui incomincia ogni cammino ed ogni proposta per tutto il popolo.
Il loro spirito fraterno li porta a vivere rapporti e relazioni interpersonali sul modello della primitiva comunità di Gerusalemme e alla luce dei segni della presenza di Dio scoperti nella contemplazione della nostra storia.
Questi segni della presenza di Dio nella storia sono la Parola ascoltata, l’Eucarestia condivisa e celebrata, la preghiera innalzata a Dio insieme a tutto il popolo e l’ambito della carità e della comunione autentica.

In tutto questo Maria ed Elia sono i suoi modelli di riferimento.

Maria è la Vergine in ascolto, la Vergine in preghiera.
Quest’ascolto, l’ha portata ad essere apostola nella storia e nella vita del popolo.
Maria vive l’ascolto come meditazione, impegno, servizio, vita, è Colei che parla continuamente con Dio.
Maria è la Vergine dal cuore nuovo, la “Virgo Purissima”, che da’ un volto umano alla Parola che si fa carne: «Eccomi, sono la serva del Signore; avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38).
Maria legge le grandi cose che Dio ha compiuto in lei per la salvezza degli umili e dei poveri e canta la sua riconoscenza: «L’anima mia magnifica il Signore… d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,46.48).
Il Carmelo è parte integrante nella Chiesa con una sua specifica missione: condurre le persone alle realtà celesti, all’incontro con Dio per mezzo di Maria.

Elia, il profeta tutto fuoco, l’uomo di preghiera, il profeta solitario che coltiva la sete nell’unico Dio, l’uomo che seppe ascoltare Dio e vivere alla sua presenza.
Elia è il mistico che, dopo un cammino lungo e faticoso fa esperienza di Dio sull’Oreb.
In questo cammino Elia è l’uomo che sperimenta una crisi di fede, che ha comportato una crisi della preghiera.
L’esempio di Elia è per noi oggi; stare in disparte come lui, presso il torrente Cherit.
Non una recita di preghiere devozionali, Elia non faceva nulla di tutto questo, il suo era uno “stare in disparte ed attendere” il Signore della sua vita, della sua storia.
E il Signore veniva al mattino e alla sera (cfr. 1Re 17,2-6).
Elia in questo momento per noi è parabola della preghiera ed insegna a noi la preghiera del cuore: mettersi con semplicità davanti a Dio in un profondo silenzio interiore, lasciando da parte parole, pensieri, immaginazione, aprendo a Lui l’intimo più profondo del nostro essere e sforzandoci solo di amare.
Questo è il cuore spirituale di Elia; un cuore da cui Maria, ebrea, ha preso esempio per la sua vita.
Davanti agli occhi, il TOC ha due cuori che hanno compreso che soltanto Dio conta, due cuori che accolgono la Legge di Dio, il Suo amore, il Suo dominio, due cuori che non desiderano altro che Dio e nessun altro, persone capaci di vivere nel profondo della propria vita, che hanno fatto del Signore la loro definizione, la loro esistenza.