Vai al contenuto

Lectio divina su Lc 2,1-14

NATALE DEL SIGNORE / A

Lectio divina su Lc 2,1-14

Oggi è nato per noi il Salvatore

Invocare
Spirito di vita, che alitando sulla massa delle acque della creazione hai portato vita e bellezza là dov’era il caos!
Spirito di vita, che guidando Israele come colonna di fuoco nella notte hai condotto gli schiavi alla libertà!
Spirito di vita, che coprendo Maria con la tua ombra silenziosa ed efficace hai portato Dio Figlio fra gli uomini!
Spirito di vita, che comunicando la luce della Verità del Padre nel Figlio ci rendi capaci di confessare la fede in Gesù Cristo Signore!
Spirito di vita, guidaci sulle strade della nostra Betlemme, per scoprire nella gioia la presenza di Dio Figlio nel figlio di Maria che vive in mezzo a noi.

Leggere
1In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tut ta la terra. 2Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 13Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 4Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 5Doveva farsi censire insieme a Ma¬ria, sua sposa, che era incinta. 6Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
8C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 9Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10ma l’angelo dis-se loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11og-gi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». 13E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
14«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Un momento di silenzio meditativo perché la Parola possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.

Passi utili alla meditazione
Rt 1,22; 2,4; 4,11; Is 1,3; 9,1-6; 65,1-2; Es 13,12; 16,10; 24,16-18; 33,18-23; 34,19,29-35; Mi 5,1-4; Mt 11,26; Gv 14,27; Rm 4,20; 11,36; 16,27; 1Cor 1,27; Ef 2,14; Tt 2,11-14; 1Pt 4,11; Ap 4,9; 7,12; 15,8; 21,23.

Capire
Abbiamo appena concluso l’itinerario dell’avvento. I giorni che hanno preceduto il ricordo di questo evento sono stati segnati dalla persona del figlio di cui Maria di Nazaret è venuta misteriosamente incinta.
Siamo verso la fine del “vangelo dell’infanzia” nella versione lucana. Il vangelo dell’infanzia non fa altro che prepararci all’evento salvifico già annunziato dai profeti.
La liturgia, nella notte di Natale, ci presenta solo 14 versetti. La nascita di Gesù è in 40 versetti. In questi 40 versetti ci sta un confronto tra questa scena e la precedente: riguardo al Figlio di Maria, l’obiettivo è puntato in primo luogo sulla scena della nascita, mentre per Giovanni si dà risalto alla circoncisione e all’imposizione del nome. Ma è la notte di Natale. Una notte che nei Vangeli prende forma riflessa per la nostra vita.
Il brano lucano è semplice, suggestivo, pieno di spunti teologici costruito sul modello dell’annuncio missionario.
Punto centrale della narrazione sono le parole dell’angelo ai pastori, che riguardano il senso gioioso dell’avvenimento e la professione di fede in Gesù Salvatore. Dio entra nella vita degli uomini fuori dal tempio, dai suoi incensi e dalle case degli uomini, sente di dover chiamare a raccolta gli uomini per questo avvenimento in un luogo lontano e fuori dalla “Città”. Dio non va pensato come uno che si compiace della bontà dell’uomo ma piuttosto come uno che infonde la bontà nell’uomo attraverso la sua divina elezione e misericordia.

Meditare
vv. 1-3: In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria.Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Nel presente versetto, Luca vuole indicare il contesto storico della nascita di Gesù e allo stesso tempo di mostrare che l’azione divina si serve di questo decreto di Cesare. Negli Atti, Dio si servirà ancora delle stesse leggi romane per condurre Paolo a Roma per annunciare il vangelo. Infine, e soprattutto, ciò offre un pretesto per il viaggio: un pretesto, poiché tali censimenti si fanno sempre nella località di residenza, non in quella di origine.
Ciò che è importante è che in un contesto storico vi è un annunzio di salvezza. Origene scrive: “In questo censimento del mondo intero Gesù doveva essere incluso… affinché potesse santificare il mondo e trasformare il registro ufficiale del censimento in un libro di vita”.
vv. 4-5: Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Luca qui sottolinea casa”, “famiglia” cioè l’origine davidica di Giuseppe. Di Maria é detto per la prima volta, che é incinta ma la chiama “fidanzata” “promessa sposa”. In Mt 1,18-25 sappiamo che Giuseppe ha condotto Maria nella propria casa ed ha giá superato i suoi dubbi personali sulla strana gravidanza. Ma Lc presentando una fidanzata incinta in viaggio vuole lanciare una provocazione scioccante, forse invitare a leggere e cercare. La prospettiva provvidenziale di Luca nel raccontare i fatti emerge anche dal fatto che Giuseppe porta con sé Maria: le donne non dovevano farsi registrare, dunque la giovane puerpera avrebbe potuto rimanere a Nazaret. Luca, però, vuole mostrare che ella è considerata a pieno titolo legale membro della famiglia davidica.
v. 6-7: Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. Il luogo è Betlemme. Nell’AT é importante soprattutto come luogo dell’origine della stirpe di David. Il luogo è la casa, è la famiglia parole sottolineate dall’evangelista Luca. In questo luogo Luca ci ha condotti senza peró precisare nulla. Qualcosa però ci riconduce a capire che si realizza quanto previsto in 1,26-38 ed il bambino giudeo é integrato nel popolo della promessa tramite la circoncisione (2,21).
Maria da alla luce il suo primogenito. Il termine “primogenito” non indica che Maria abbia avuto altri figli dopo la nascita di Gesù. Il primo figlio – anche se non ne fossero nati altri in seguito – era sempre chiamato primogenito, per designare i diritti e i doveri che lo riguardavano (cfr. Es 13,12: “Riscatterai ogni primogenito dell’uomo tra i tuoi figli”; Es 34,19: “Ogni essere che nasce per primo nel seno materno è mio”).
I movimenti che fa Maria (lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia), sono gli stessi movimenti che si faranno alla morte di Gesù. Gesù sarà segnato fino alla morte da questa estrema povertà. Non si tratta solo dell’indigenza materiale della sua famiglia. C’è molto di più. Gesù, il Verbo fatto carne, “venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11). E la mangiatoia ne è il simbolo: “il bue riconosce il suo proprietario e l’asino la mangiatoia del suo padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende”. (Is 1,3). C’è qui il grande mistero dell’incarnazione. Paolo dirà che “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Cor 8, 9).
Anche un alloggio (Katàljma) diviene simbolo di una povertà e di un rifiuto che troverà il suo culmine nel rifiuto assoluto di lui nel processo davanti a Pilato (cfr. Gv 18, 28-19, 16). Più tardi Gesù dirà “il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Katàljma ricorda anche quel luogo ove Gesù mangerá la pasqua con i discepoli (Lc 22,11; Mc 14,14; cfr. anche: Lc 9,12; 19,7; 22,14).
v. 8: C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Luca indica i pastori perché questi sono coloro che godono di una cattiva reputazione: sono spesso considerati ladri e disonesti. I pastori, sono coloro che occupano il gradino più basso della scala sociale sono i primi ad essere coinvolti dalla nascita di colui che ha per madre un’umile donna (1,48) ed è “inviato a portare ai poveri il lieto annunzio” (4,18). Il neonato è già colui che sarà accessibile ai peccatori e mangerà alla loro tavola (15,2). Proprio queste persone sono coloro i quali vegliano per sorvegliare il gregge. C’è una capacità di attenzione in loro che in altri non si riscontra.
Luca, è sensibile nel mettere in evidenza che Dio consegna se stesso ai semplici; pensiamo a Maria in Lc 1,48: “..alla bassezza della sua serva”; Lc 6,20: “beati voi poveri”; Lc 10,21: “ti benedico o Padre che ti sei rivelato a piccoli e ti sei nascosto ai sapienti”.
vv. 9-10: Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo. Proprio a queste persone capaci di vegliare il gregge, il vero Guardiano del gregge li chiama (1Pt 2,20-25, Gv 10,1-10). Questi avvolti dalla gloria di Dio, cioè dalla sua Presenza, dalla sua Rivelazione sono riempiti interiormente dall’amore di Dio, dalla sua stessa passione.
La luce non sta semplicemente davanti a loro ma li avvolge, entra nella loro vita, essi accolgono quell’annuncio che non è per loro soli, ma è una luce che è per tutto il popolo.
Custodi di un gregge ora sono custodi di un mistero da conoscere e poi irradiare a tutti.
I pastori sono presi da timore perché si trovano di fronte a qualcosa, non solo d’imprevedibile e impensabile, ma anche ad un’azione che riscontriamo solamente nelle teofanie dell’AT, specie ad Is 6,1-5 ed Ez 1; 3,12.23.
Però il Signore rassicura, conforta con la sua Parola di salvezza. Quel timore che coinvolge immediatamente ed emotivamente ora trova un’apertura di significato grazie all’angelo del Signore, interprete luminoso dei fatti oscuri conducendo alla gioia vera.
La gioia presente in tutto il vangelo lucano é una caratteristica della fede nell’itinerario salvifico. È una gioia che non si affievolisce e non si stabilizza, ma cresce all’infinito perció l’angelo dice: vi evangelizzo, c’é qui qualcosa proprio per voi, vi immergo in una realtá per voi assolutamente inedita.
v. 11: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Si rinnova quel prodigio, ma Luca scrive “oggi”, “semeron” è un termine teologico e difficilmente cronologico. Luca non fa altro che farci entrare nel “tempo di Dio”.
Altri episodi del vangelo o della sacra scrittura:“oggi è entrata in questa casa la salvezza”, “ascoltate oggi la sua voce del Signore”….”oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi”, “oggi sarai con me nel paradiso”, “oggi ti ho generato.”.
C’è un “oggi” che si relaziona nel qui ed ora con ciascuno e con tutti, una storia che diventa storia di salvezza.
Qui è il centro del racconto: l’iniziativa di Dio non è parola ma “Carne, Corpo”, presenza incarnata, profondamente dentro la storia, la mia, la tua, la nostra storia. Egli è Dio, l’annuncio si presenta ancora difficile per molti.
Nei versetti precedenti abbiamo appreso il nome del bambino, qui l’angelo del Signore, annunciando la nascita di Gesù non lo chiama con il nome proprio ma con tre titoli teologici: Salvatore; Cristo; Signore. In questi titoli teologici è racchiusa una professione cristologica riassunta dall’angelo stesso.
Luca non fa altro che insistere sulla signoria di Gesù e sulla sua missione di salvezza. In altre parole la sua signoria è la nostra salvezza. Non solo opera, fa salvezza, salva, ma é salvezza.
vv. 12-14: Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
L’annuncio dell’angelo ai pastori è accompagnato da un segno, come per l’annuncio a Maria; la cugina Elisabetta al sesto mese, il bambino nella mangiatoia per i pastori, sono i segni che accompagnano la fede di chi ha il desiderio di ascoltare, vedere, incontrare, servire il vangelo che è lieta notizia. È la predicazione dell’evento da accogliere e da testimoniare così come cantano gli angeli: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace tra gli uomini, che egli ama”. Ciò manifesta la potenza divina e svela finalmente la sua misericordia.

Il Vangelo nel pensiero dei Padri della Chiesa
Quando venne il Signore, nostro Salvatore, al suo primo apparire nella carne, l’angelo, unito ai cori celesti, ne diede l’annunzio ai pastori dicendo: “vi annunzio una grande gioia che sarà di tutto il popolo” (Lc 2,10). Perciò anche noi, con le stesse parole degli angeli, annunziamo una grande gioia. Oggi infatti la Chiesa è nella pace; oggi la nave della Chiesa ha raggiunto il porto; oggi, carissimi, il popolo di Cristo viene esaltato, mentre i nemici della verità sono umiliati; oggi Cristo è nella gioia e il demonio nel lutto; oggi gli angeli esultano, i demoni sono dispersi. Che dire di più? Oggi cristo, re della pace, al suo apparire ha rimosso ogno contrasto e, come lo splendore del sole illumina il cielo, cos’ egli illumina la Chiesa col fulgore della pace. Poiché “oggi vi è nato un Salvatore” (Lc 2,11).
O quanto è desiderabile la pace, stabile fondamento della religione cristiana e celeste ornamento dell’altare del Signore! Che cosa possiamo dire che sia degno di quasta pace? Il nome stesso di Cristo è Pace. Lo dice l’Apostolo: “Cristo è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo” (Ef 2,14).
Ma, come per la visita di un sovrano si sgombrano le piazze e tutta la città è una festa di fiori e di luci affinché nulla possa apparire meno degno della presenza del re, così ora, all’arrivo di Cristo, re della pace, sia rimossa ogni tristezza e, allo splendore della verità, scompaia la menzogna, si dissolva la discordia, risplenda la carità.
E se anche in terra i santi esaltano la pace, lo splendore della sua lode ridonda nell’alto dei cieli; cantano gli angeli: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc 2,14).
Vedete, frateli, come tutte le creature del cielo e della terra si scambiano il dono della pace: gli angeli dal cielo annunziano pace alla terra, i santi tutti sulla terra lodano insieme Cristo, nostra pace, innalzano tra gli angeli; e i mistici cori cantano: “Osanna nel più alto dei cieli”.
Diciamo allora anche noi con gli angeli: “Gloria a Dio, che ha umiliato il demonio ed esaltato il suo Cristo; gloria a Dio che ha annientato la discordia e ha ristabilito la pace (Pietro Crisologo, vescovo, Disc. 149)

Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! Non c’è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita, una vita che distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse eterne. Nessuno è escluso da questa felicità: la causa della gioia è comune a tutti perché il nostro Signore, vincitore del peccato e della morte, non avendo trovato nessuno libero dalla colpa, è venuto per la liberazione di tutti. Esulti il santo, perché si avvicina al premio; gioisca il peccatore, perché gli è offerto il perdono; riprenda coraggio il pagano, perché è chiamato alla vita. Il Figlio di Dio infatti, giunta la pienezza dei tempi che l’impenetrabile disegno divino aveva disposto, volendo riconciliare con il suo Creatore la natura umana, l’assunse lui stesso in modo che il diavolo, apportatore della morte, fosse vinto da quella stessa natura che prima lui aveva reso schiava. Così alla nascita del Signore gli angeli cantano esultanti: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2, 14). Essi vedono che la celeste Gerusalemme è formata da tutti i popoli del mondo. Di questa opera ineffabile dell’amore divino, di cui tanto gioiscono gli angeli nella loro altezza, quanto non deve rallegrarsi l’umanità nella sua miseria! O carissimi, rendiamo grazie a Dio Padre per mezzo del suo Figlio nello Spirito Santo, perché nella infinita misericordia, con cui ci ha amati, ha avuto pietà di noi, «e, mentre eravamo morti per i nostri peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo» (cfr. Ef 2, 5) perché fossimo in lui creatura nuova, nuova opera delle sue mani. Deponiamo dunque «l’uomo vecchio con la condotta di prima» (Ef 4, 22) e, poiché siamo partecipi della generazione di Cristo, rinunziamo alle opere della carne. Riconosci, cristiano, la tua dignità e, reso partecipe della natura divina, non voler tornare all’abiezione di un tempo con una condotta indegna. Ricòrdati chi è il tuo Capo e di quale Corpo sei membro. Ricòrdati che, strappato al potere delle tenebre, sei stato trasferito nella luce del Regno di Dio. Con il sacramento del battesimo sei diventato tempio dello Spirito Santo! Non mettere in fuga un ospite così illustre con un comportamento riprovevole e non sottometterti di nuovo alla schiavitù del demonio. Ricorda che il prezzo pagato per il tuo riscatto è il sangue di Cristo (Leone Magno, papa Disc. 1 per il Natale, 1-3).

Dio e tutte le opere di Dio sono gloria dell’uomo; e l’uomo è la sede in cui si raccoglie tutta la sapienza e la potenza di Dio. Come il medico dà prova della sua bravura nei malati, così anche Dio manifesta se stesso negli uomini. Perciò Paolo afferma: «Dio ha chiuso tutte le cose nelle tenebre dell’incredulità per usare a tutti misericordia» (cfr. Rm 11, 32). Non allude alle potenze spirituali, ma all’uomo che si mise di fronte a Dio in stato di disobbedienza e perdette la immortalità. In seguito però ottenne la misericordia di Dio per i meriti e il tramite del Figlio suo. Ebbe così in lui la dignità di figlio adottivo.
Se l’uomo riceverà senza vana superbia l’autentica gloria che viene da ciò che è stato creato e da colui che lo ha creato cioè da Dio, l’onnipotente, l’artefice di tutte le cose che esistono, e se resterà nell’amore di lui in rispettosa sottomissione e in continuo rendimento di grazie, riceverà ancora gloria maggiore e progredirà sempre più in questa via fino a divenire simile a colui che per salvarlo è morto.
Il Figlio stesso di Dio infatti scese «in una carne simile a quella del peccato» (Rm 8, 3) per condannare il peccato, e, dopo averlo condannato, escluderlo completamente dal genere umano. Chiamò l’uomo alla somiglianza con se stesso, lo fece imitatore di Dio, lo avviò sulla strada indicata dal Padre perché potesse vedere Dio e gli diede in dono il Padre.
Il Verbo di Dio pose la sua abitazione tra gli uomini e si fece Figlio dell’uomo, per abituare l’uomo a comprendere Dio e per abituare Dio a mettere la sua dimora nell’uomo secondo la volontà del Padre. Per questo Dio stesso ci ha dato come «segno» della nostra salvezza colui che, nato dalla Vergine, è l’Emmanuele: poiché lo stesso Signore era colui che salvava coloro che di per se stessi non avevano nessuna possibilità di salvezza.
Isaia stesso aveva predetto questo: Irrobustitevi, mani fiacche e ginocchia vacillanti, coraggio, smarriti di cuore, confortatevi, non temete; ecco il nostro Dio, opera la giustizia, darà la ricompensa. Egli stesso verrà e sarà la nostra salvezza (cfr. Is 35, 4).
Questo indica che non da noi, ma da Dio, che ci aiuta, abbiamo la salvezza. (Ireneo, vescovo, “Contro le eresie”)

Alcune domande per la riflessione personale e il confronto
C’è posto per Gesù nella mia vita? Quali segni mi sta offrendo Dio della sua presenza?
Gesù è nato per portare gioia e pace. Quanto caratterizzano la mia vita questi doni? Sono portatore di gioia e di pace per gli altri?
Cosa significa per me la parola Salvatore, da cosa vorrei essere salvato?
Credo che sia possibile anche per me diventare complice di un nuovo annuncio?

Pregare
Nel soffermarci a rileggere la Parola di salvezza, non possiamo fare altro che ripercorrere la salvezza di Dio nella nostra vita insieme alle parole del Salmista (Salmo 98)

Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto prodigi.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.

Il Signore ha manifestato la sua salvezza,
agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa di Israele.
Tutti i confini della terra hanno veduto
la salvezza del nostro Dio.
Acclami al Signore tutta la terra,
gridate, esultate con canti di gioia.

Cantate inni al Signore con l’arpa,
con l’arpa e con suono melodioso;
con la tromba e al suono del corno
acclamate davanti al re, il Signore.

Frema il mare e quanto racchiude,
il mondo e i suoi abitanti.
I fiumi battano le mani,
esultino insieme le montagne
davanti al Signore che viene,
che viene a giudicare la terra.
Giudicherà il mondo con giustizia
e i popoli con rettitudine.

Contemplare-agire
Lasciamoci sorprendere da un Dio che abita la notte, così che anche la notte del dolore si apra alla luce pasquale del Figlio di Dio crocifisso e risorto. Nel mistero del Verbo incarnato è apparsa agli occhi della nostra mente la luce nuova del tuo fulgore, perché, conoscendo Dio visibilmente, per mezzo suo siamo rapiti all’amore delle realtà invisibili.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *