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LECTIO: 4ª DOMENICA DI AVVENTO (C)

Signore, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi. 

Lectio divina su Lc 1,39-45





Invocare

O Dio, che hai scelto l’umile figlia di Israele per farne la tua dimora, dona alla Chiesa una totale adesione al tuo volere, perché imitando l’obbedienza del Verbo, venuto nel mondo per servire, esulti con Maria per la tua salvezza e si offra a te in perenne cantico di lode. 
Per Cristo nostro unico Signore. Amen.



Leggere

39 In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40 Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41 Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42 ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43 A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44 Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45 E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».



– Un momento di silenzio meditativo perché la Parola possa illuminare la nostra vita.


Capire

La quarta domenica di Avvento ci apre quella porta natalizia e invocare col Salmista (Sal 80): «Signore, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi. Vieni! Volgiti! Guarda e vedi! Risveglia la tua potenza! Rifulgi! Ascolta! Facci vivere e invocare il tuo Nome!». 
La celebrazione dell’Avvento ci ha preparati a rivivere il grande mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio. Egli è entrato nella vita e nella Storia dell’umanità svelando in modo definitivo, in assoluto, l’Amore di Dio per noi, portando così a compimento il divino disegno della redenzione dell’uomo.
La Liturgia della Parola di questa domenica in tutti i tre cicli, ha come protagonista Maria che porta in grembo il Verbo, il Figlio di Dio e che è prossima al parto. 
Le tre letture invitano a meditare, a contemplare e ad attualizzare oltre a quella di Maria, anche l’azione di altri tre ‘protagonisti’ del grande Mistero e il loro concorso per portare a compimento la salvezza dell’umanità: Dio Gesù – lo Spirito Santo.
Questi protagonisti fanno della Visitazione un mistero di fede, di gioia, di servizio, di annuncio missionario. 
Maria, premurosa nel viaggio (v. 39), portando in grembo Gesù, è immagine della Chiesa missionaria, che porta al mondo l’annuncio del Salvatore.
La Parola di Dio ci offre oggi le chiavi per comprendere, gustare ed annunciare ad altri il mistero che celebriamo.
Il testo del vangelo di questa quarta domenica di Avvento non include il cantico di Maria (Lc 1,46-56), quella lode che è l’espressione di chi ha trovato Dio e lo celebra come il compimento della massima esperienza della propria vita.
Luca tutto questo lo rilegge alla luce della vicenda del Cristo e in particolare della sua Pasqua.



Meditare 

v. 39: “in quei giorni”. Sono i giorni della pienezza del tempo (Gal 4,4). “In quei giorni”, richiama il sesto mese della gravidanza di Elisabetta, richiama a quanto è accaduto in quei giorni. E’ una indicazione di tempo soteriologico. La visita di Maria a Elisabetta si pone sotto questa prospettiva.
In questa indicazione di tempo, abbiamo una serie di segnali che legano il concepimento di Giovanni e quello di Gesù: “Dopo quei giorni (l’annuncio dell’angelo a Zaccaria), Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi” (Lc 1,24); “Nel sesto mese (dal concepimento di Giovanni), l’angelo Gabriele fu mandato… a una vergine… Maria” (Lc 1,26-27). 
L’evangelista Luca da una grande importanza ai viaggi e interpreta tutto il mistero di Gesù come un cammino, un andare decisamente non solo verso Gerusalemme (cfr. Lc 9,52), ma verso il Padre. Negli Atti mostrerà grande interesse per i viaggi missionari; anche il viaggio di Maria viene descritto come viaggio missionario. È un viaggio scomodo, faticoso per una gestante, lontano, ma è un viaggio di carità verso l’anziana parente incinta e nel bisogno. Viaggio missionario perché porta in grembo Colui che è la Vita vera, la Salvezza, la Luce.
“in fretta”. Luca mette l’accento nella prontezza di Maria nel rispondere alle esigenze della Parola di Dio. La fretta di cui si parla non è ansia. In greco indica la cura, lo zelo per qualcosa. Maria, quindi esce di casa, da Nazareth,  per percorrere, con cura, le montagne della Giudea facendo più di 100 km. Nella fretta di Maria c’è gioia e grazia. La sua non è “curiosità”, ma fede, fede nelle Parole rivelate.
Essa corre là dove il progetto di Dio comincia a realizzarsi, per riconoscere, adorare, cantare. Maria ascolta la Parola e la mette in pratica in modo assai efficiente.
La fretta di Maria è piena di significato sotto tutti i punti di vista, psicologico-narrativo e teologico: quando si manifesta negli eventi l’opera di Dio non si può rimanere inerti o pigri. Così fa Abramo quando corre a preparare per i tre ospiti, così fa Zaccheo quando scende dal sicomoro, così fanno i pastori quando si affrettano a Betlemme. 
v. 40: “Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta”. Maria ed Elisabetta si conoscevano tutte e due. Erano parenti. Ma in questo incontro scoprono, l’una nell’altra, un mistero che non conoscevano ancora e che le riempie di molta gioia.
Maria saluta la parente Elisabetta. In ebraico il saluto è shalom, pace! Maria entrando nella casa di Zaccaria non solo augura la pace ma porta la pace promessa ad Israele.
v. 41: “…il bambino sussultò nel suo grembo”. Il movimento di Giovanni nel seno di sua madre (che più sotto è interpretato da Elisabetta come un salto di gioia) è un gesto profetico. Esso ha un precedente nell’Antico Testamento, dove si parla della nascita di Esaù e Giacobbe (Gen 25,22-23): anche lì i figli saltellano (il verbo usato nella versione greca dei LXX è lo stesso), e anche lì la madre intende il sussulto come un messaggio profetico.
Si adempie così la parola dell’angelo che aveva detto a Zaccaria: “[tuo figlio] sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre”. Esultando nel grembo della madre, Giovanni dà inizio alla propria missione di profeta, che è quella di riconoscere il Messia fin dal grembo della madre.
Lo spirito profetico del bambino è comunicato alla madre perché possa tradurre in parole il sussulto che ha sentito dentro di sé. Grazie a questo spirito profetico, Elisabetta sussulta anche lei insieme al figlio che porta in grembo.
“fu piena di Spirito Santo”: la Parola Vivente, che Maria porta nel suo grembo, come primo effetto comunica lo Spirito Santo ad Elisabetta, che nello Spirito riconosce in Maria la Madre del suo Signore. 
Negli Atti degli Apostoli leggiamo qualcosa di analogo nei confronti di Pietro: “Avevo appena cominciato a parlare quando lo Spirito Santo discese su di loro, come in principio era sceso su di noi” (At 11, 15).
Nel caso del saluto ad Elisabetta, è Gesù stesso che comunica lo Spirito per mezzo di Maria. Infatti, Ella è mediatrice dei doni dello Spirito Santo.
v. 42: “esclamò a gran voce”. Ricolma di Spirito Santo, Elisabetta può esclamare a gran voce l’opera del Signore. Luca qui non usa la parola originale anaphōnéō che significa urlo, ma vuole dare un certo movimento a quanto sta accadendo usando un’espressione energica aggiungendo l’aggettivo grande.
Quando una realtà soprannaturale ci è rivelata, non possiamo altro che esteriorizzare il giubilo che ci invade e rendere manifesta la riconoscenza per il dono ricevuto.
Nell’Antico Testamento, ritroviamo questa energia in un contesto liturgico (cfr. 1Cr 15,28; 16,4.5.42; 2Cr 5,13).
“Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo”. Per opera dello Spirito Santo Elisabetta comprende non solo che Maria è incinta, ma che il bambino che porta è fonte di benedizione. Qui abbiamo un superlativo che fa parte del linguaggio semitico. Non siamo in presenza di due distinti benedetti (Maria e il bambino), ma Maria è benedetta sopra tutte le altre donne (cfr. Gdc 5,24; Gdt 13,18) a causa della benedizione che proviene dal frutto del suo grembo. Dio ha benedetto Maria con la pienezza di tutte le benedizioni che sono in Cristo (cfr. Ef 1,3).
v. 43: “a che debbo che la madre del mio Signore venga a me?”. Insieme all’espressione energica, Luca aggiunge la meraviglia per il dono ricevuto: “a che debbo”
Per Elisabetta è un onore ricevere Maria. Tale dichiarazione è sorprendente se si considera che Elisabetta è più anziana e moglie di un sacerdote, mentre Maria non possiede alcun rango sociale ed è molto più giovane di lei. 
La frase di Elisabetta trova la sua giustificazione nel fatto che riconosce in Maria la madre del Messia. Il titolo di Signore, che Elisabetta usa per indicare il bambino che Maria ha in grembo, è uno dei principali titoli messianici attribuiti a Gesù nel Nuovo Testamento, e trova il suo appoggio scritturistico nel Sal 110 ( cfr. Mt 22,41-45; At 2,34-36; Rm 8,34).
Il venire di Maria è figura di quell’arca che reca la presenza salvifica del Signore in mezzo al suo popolo.
v. 44: “appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo”. Letteralmente “ha saltellato di gioia. Nella Bibbia si parla di danza più che di sussulto. In questo versetto abbiamo una specie di danza che Giovanni Battista compie nel grembo di sua madre, simile alla danza di Davide davanti all’arca (2 Sam 6,13-22). Sua madre l’ha interpretata come una danza, come un movimento gioioso. Giovanni sta vivendo il primo incontro con Gesù e la sua danza gli rende testimonianza, come una eterna danza divina. 
L’incontro delle due donne è più propriamente l’incontro dei loro figli. Giovanni è la sintesi e la conclusione dell’Antico Testamento: egli – secondo le parole di Gabriele a Zaccaria – è il Nazireo come Sansone e Samuele, è il profeta pieno di Spirito Santo, è il nuovo Elia, il profeta degli ultimi tempi (cfr. Ml 3,23-24).
v. 45: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto. Sono le parole di lode di Elisabetta che esaltano Maria. Maria è diventata la madre di Gesù perché ha obbedito alla parola di Dio. Questa è anche la prima beatitudine che incontriamo nel vangelo. La riascolteremo nuovamente, quando una donna del popolo, rivolgendosi a Gesù, la proclamerà beata: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!”, Gesù preciserà e completerà l’espressione di lode, dicendo: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!” (Lc 11,27-28). Anche l’ultima, ripresa da Giovanni, sarà su questa linea: “beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno” (Gv 20,29).
La prima beatitudine del vangelo di Luca è l’esaltazione della fede di Maria. La fede è la virtù che ha accompagnato Maria nel suo cammino e l’ha radicata profondamente nel progetto di salvezza di Dio.
La condizione beata è l’effetto stabile della benedizione di Dio, è la benedizione accolta e divenuta permanente. La beatitudine di Maria riposa sulla fede con cui si è affidata alla parola del Signore. Maria crede alla parola del Signore: vergine, diventa la madre di Dio. È il messaggio di Luca alle Comunità: credere nella Parola di Dio, che ha la forza di realizzare ciò che ci dice. E’ Parola che crea. Genera vita nuova nel seno di una vergine, nel seno del popolo povero e abbandonato che l’accoglie con fede. Questo elogio che Elisabetta fa a Maria si completa con l’elogio che Gesù fa di sua madre: “Beati coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 11,28).
Questo contesto fa esplodere Maria nel grande cantico di esultanza, sul tipo di quello di Anna in 1 Sam 2. E’ il suo magnificat per le grandi cose che l’Onnipotente ha compiuto in lei sua piccola e umile serva (cfr. Lc 1, 46-55).

– Per la riflessione personale e il confronto:
L’evangelista Luca sottolinea per noi la fretta di Maria. Come la viviamo nella nostra vita? Quanto sappiamo stupirci e non demoralizzarci di fronte ad eventi non previsti o che si realizzano in modo diverso da quello che avevamo progettato (figli, malattie, occasioni di lavoro, vocazione dei figli…)?
Dove e come l’allegria della presenza di Dio avviene oggi nella mia vita, nella vita della mia famiglia e nella vita della mia comunità?

Pregare
Raccogliamoci in silenzio ripercorrendo la nostra preghiera e rispondiamo al Signore con le sue stesse parole (dal Sal 79):

Tu, pastore d’Israele, ascolta,
seduto sui cherubini, risplendi.
Risveglia la tua potenza e vieni a salvarci.

Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.

Sia la tua mano sull’uomo della tua destra,
sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.

Contemplare-agire
Nel silenzio del cuore incontra il Signore. In quest’anno della fede, ripeti spesso e vivi questa Parola: Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore.



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