Vai al contenuto

LECTIO: I DOMENICA DI AVVENTO Anno B

Lectio
divina su Mc 13,33-37

 
Invocare

O Dio, nostro Padre, nella
tua fedeltà che mai vien meno ricordati di noi, opera delle tue mani, e donaci
l’aiuto della tua grazia, perché attendiamo vigilanti con amore irreprensibile
la gloriosa venuta del nostro redentore, Gesù Cristo tuo Figlio. 

Egli è Dio, e vive e regna
con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

 

In
ascolto della Parola
(Leggere)

33 Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è
il momento. 34 È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la
propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha
ordinato al portiere di vegliare. 35 Vegliate dunque: voi non sapete
quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del
gallo o al mattino; 36 fate in modo che, giungendo all’improvviso,
non vi trovi addormentati. 37 Quello che dico a voi, lo dico a
tutti: vegliate!».

 

In silenzio leggi e rileggi il testo biblico finché penetri in te e vi
metta delle salde radici.

 

Dentro il Testo

Con l’Avvento ha inizio il
nuovo anno liturgico: l’anno “B”. Il vangelo di Marco ci guiderà in un
itinerario che percorre i fatti fondamentali della storia della salvezza e
dell’esperienza di Gesù. Il vangelo di Marco è il più arcaico e apparentemente
il più “povero”, oltre che il più breve dei vangeli. Trascurato per secoli
dall’esegesi e nell’attenzione della Chiesa, è stato “riscoperto” a metà
dell’800 e risulta oggi uno dei più studiati. Non ci sono modelli precedenti
all’opera di Marco, essendo Matteo e Luca dei prosecutori che si sono serviti
di Marco per stendere i loro libri. Marco ha introdotto il termine evangelo
nella tradizione sinottica, intendendo con esso il contenuto e l’autore del messaggio.
Dove l’evangelo è annunciato Gesù è presente, è operante, perché quello che
viene compiuto a motivo dell’evangelo viene compiuto indissociabilmente anche a
motivo della sua persona (“chi perderà la propria vita a causa mia e
dell’evangelo” Mc 8,35). L’anno liturgico non è una semplice successione di
giorni e mesi, cui vengono annesse esteriormente delle celebrazioni liturgiche,
ma è costituito piuttosto dal rapporto che i differenti misteri di Cristo hanno
con gli stessi mesi o giorni. Costituisce infatti un “cammino di Cristo” e “uno
svolgimento totale del mistero di lui”, dando a questo cammino e a questo
svolgimento del mistero una presenza nel tempo di un anno.

Il piccolo brano di Marco,
che la liturgia ci presenta in questa prima domenica di Avvento, dà al tema
della vigilanza uno spessore di serietà estrema anche solo per la sua
collocazione: per noi è posto in testa all’avvento, all’inizio dell’anno
liturgico; nel suo vangelo si trova immediatamente prima del racconto della
passione, alla quale sembra già accennare anche solo per l’immagine del padrone
che torna a chiedere i conti “al canto del gallo”, immagine che non può non
evocare il tradimento di Pietro. Non è neanche da trascurare il fatto che
l’ordine di vegliare sia ripetuto ben tre volte nel breve spazio di cinque
versetti.

 

Riflettere sulla Parola (Meditare)

v. 33: Fate attenzione, vegliate, perché non sapete
quando è il momento. 

Il testo greco inizia
questo versetto col verbo “guardate” (blèpete). Con questo verbo abbiamo un
invito a tenere gli occhi ben fissi su Gesù, a non essere come ciechi, ma
tendere, volgere il proprio essere verso… Ciò vuole spiegare meglio che il
“fare attenzione” ai segni dei tempi, è una delle costanti che emergono
dall’Avvento, è in primo luogo fare e dare attenzione a Gesù, non stancarsi di
Lui e delle sue parole e capire chi è Colui che sta alla porta e bussa (cfr. Ap
3,20) continuamente, per aprirsi totalmente a Lui.

A questo verbo, ne segue
un’altro, che riscontriamo nuovamente al termine del brano: “vegliate” in greco
“agrypnèite” che indica lo sforzo e l’impegno di chi fa di tutto per “scacciare
il sonno”, in particolare quando sembra ormai vincere ogni resistenza.

Cosa vuole dire “vegliate”?
Nell’Orto del Getsemani, quando Gesù dice ai suoi discepoli: “Vegliate e
pregate per non entrare in tentazione” vuole dire: vegliate pregando; la
preghiera è necessaria perché voi non vi addormentiate nella vita. È un uscire
da una certa situazione di morte, di staticità (cfr. Es 12,41-42). 

Nel Vangelo secondo Marco
nel “vegliare” c’è innanzitutto un atteggiamento di fondo che è l’atteggiamento
della fede. Vegliare per Marco vuole dire ricordarsi costantemente di Gesù
Cristo, che veniamo da Gesù Cristo, e che viviamo davanti a lui, al suo
cospetto, sotto il suo sguardo.

Quindi vegliamo senza
perderci in vizi e piaceri della vita, trascurando l’essenziale.

v. 34: È come un uomo, che è partito dopo aver
lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo
compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 

Il versetto presenta, quasi
in una “piccola parabola” (in coppia con quella del fico che occupa i vv. 28-29
dove l’attenzione è posta sui segni dei tempi), le caratteristiche della
veglia, e lo fa presentando un uomo che è partito per un viaggio. La parola
greca che tratteggia quest’uomo in viaggio vuole indicare l’uscire dal proprio
popolo, andare lontano (cfr. Mc 12,1).

Quest’uomo, prima di andare
via lascia la propria casa, dà il potere ai servi e a ciascuno il suo compito:
una responsabilità dunque condivisa “per l’utilità comune” (1Cor 12,7).

In questa consegna, ci sono
tutti i tratti di una chiesa “in uscita” per vivere una spiritualità di
comunione, una chiesa cioè che vive di una responsabilità di cui il Signore le
ha fatto dono. Una chiesa nella quale ciascuno ha il suo compito, nella quale
ciascuno ha ricevuto un carisma da potere esercitare. Queste sono le condizioni
per attendere, per vegliare, per vigilare. 

L’accenno al portiere,
l’incaricato di vegliare, richiama il v. 29 dove si parla del giudice che è
alle porte (cfr. Gc 5,8-9). A quei tempi, la chiusura dei portoni era solo
interna, quindi un vegliardo doveva necessariamente attendere l’arrivo di quanti
erano fuori casa, per aprire loro.

v. 35: Vegliate dunque: voi non sapete quando il
padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o
al mattino

La vigilanza è una
condizione che va estesa a tutti, perché tutti chiamati ad essere “sentinella”
(cfr. Ez 3,16). Il tempo di veglia è anche tempo di attesa. La realtà che
viviamo, e che vivono soprattutto i giovani, è la realtà di chi non aspetta più
niente e di chi non ha un motivo per vegliare. Per cui ci creiamo dei falsi
motivi per vegliare uccidendo la speranza. C’è ancora Qualcuno da attendere.
Questo è il significato dell’invito che Gesù rivolge a tutti.

Questo qualcuno può venire
alla sera, quando uno dei dodici, Giuda, lo consegna e tutti dormono invece di
vegliare con lui (Mc 14,10-11.32-45); a mezzanotte, quando il Figlio dell’uomo
è interrogato dal sommo sacerdote e annuncia che “lo vedranno venire sulle nubi
del cielo” (Mc 14,53-62); al canto del gallo, quando Pietro lo rinnega (Mc
14,66-72), o al mattino, quando Israele, nei suoi capi, lo consegna ai pagani
(Mc 15,1-5).

Questo tipo di suddivisione
della notte in quattro periodi è usanza romana. Gli Ebrei dividevano la notte
in tre vigilie (cfr. Lc 12,38).

Ora, in queste ore che
trascorrono, noi troviamo anche lo scandire delle ore della preghiera. L’altro
aspetto nel quale vigilare, oltre alla comunione, è proprio la preghiera. Non
può giungere all’improvviso il Signore per una chiesa che prega. È indicativo
che la vigilanza sia scandita dalle ore della preghiera  e non da altre
cose. Questo dovrebbe portarci a far sì che la preghiera sia vissuta come attesa,
come vigilanza, come incontro. Il Signore riconosce coloro che troverà così.

v. 36: fate in modo che, giungendo all’improvviso,
non vi trovi addormentati.

Siamo alla conclusione del
discorso escatologico (Mc 13,33-37) che prepara la comunità cristiana ad
affrontare l’incertezza del momento della passione e della morte di Gesù.
Proprio quando i discepoli vengono meno nella fedeltà al loro maestro, nell’ora
della tenebra, questi incoraggia ed esorta sapendo che il suo insegnamento,
cioè che il Figlio dell’uomo deve morire per risuscitare il terzo giorno, è
difficile da accettare e da vivere. Il racconto di passione subito dopo metterà
in primo piano proprio la non-vigilanza.

Tutti questi momenti
coglieranno i discepoli nel sonno, all’improvviso. La carne è debole, non è
ancora rivestita dalla forza dello Spirito

Il Signore che viene di
notte non è colui che si diverte a non farci dormire, anzi è colui che ci
mantiene in vita nell’ora della tenebra e della morte, nel momento in cui più
siamo in difficoltà e abbiamo maggiormente bisogno di lui. Ma la sua venuta è
anche quella del ladro (1Ts 5,2) per chi ha posto il suo tesoro altrove.

La cosa importante è non
farsi trovare addormentati, di essere vigilanti quando sarà il momento
decisivo.

v. 37: Quello che dico a voi, lo dico a tutti:
vegliate!».

Qui, riprendendo il
discorso del v. 3, abbiamo delle parole rivolte a Pietro, Giacomo, Giovanni e
Andrea. “lo dico a tutti”. Attraverso loro, il discorso è esteso a tutti e alla
Chiesa di ogni tempo. I discepoli e quindi la Chiesa devono essere consapevoli
che vegliano, ma non vegliano solo per se stessi, ma per tutti.

“Vegliate”. È l’ultima
parola di Gesù prima che inizi la sua passione. Il cristiano deve dunque
vegliare. Questo è il consiglio operativo e imperativo per il credente perché
proprio questo atteggiamento lo distingue dal mondo che non attende il ritorno
del Signore. Al v. 28 Gesù dice: “Dalla pianta di fico imparate questa
parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete
che l’estate è vicina”. 

Vegliare significa
conservare quella condizione fondamentale per riconoscerlo al suo apparire. Chi
non sa vegliare non sa neanche pregare. Perciò “svègliati, o tu che dormi,
dèstati dai morti, e Cristo ti illuminerà” (Ef 5, 14. Cfr. anche 1Cor 15,34; Rm
13,11). 

Ora anche noi, oggi,
veniamo esortati alla vigilanza e ad attendere con cuore trepidante l’arrivo
del Signore.

 

Ci
fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il
Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato

 

La Parola illumina la vita e la
interpella

Quali cose, forme, segni,
credo che il Signore mi chiede di trascendere per attaccarmi di più a lui?

Sono consapevole che, tante
volte, anch’io sto dormendo, vagando “lontano dalle vie del Signore”?

Sono vigilante, attento,
secondo l’invito che mi viene dal Vangelo, oppure il mio cuore, la mia
attenzione è rivolta a tutt’altra cosa che nulla ha a che fare con il Cristo?

Vivo la mia vita in una
continua attesa del Signore che viene?  

 

Rispondi a Dio con le sue
stesse parole
(Pregare)

Tu, pastore d’Israele,
ascolta,

seduto sui cherubini,
risplendi.

Risveglia la tua
potenza 

e vieni a salvarci.

 

Dio degli eserciti,
ritorna!

Guarda dal cielo e vedi

e visita questa vigna,

proteggi quello che la tua
destra ha piantato,

il figlio dell’uomo che per
te hai reso forte.

 

Sia la tua mano sull’uomo
della tua destra,

sul figlio dell’uomo che
per te hai reso forte.

Da te mai più ci
allontaneremo,

facci rivivere e noi
invocheremo il tuo nome. (Sal 79)

 

L’incontro con l’infinito di
Dio è impegno concreto nella quotidianità
(Contemplare-agire)

Vivo in pienezza il
presente, senza assolutizzare nulla, cogliendo il valore e il limite di ogni
cosa, senza rimandare a domani il bene che si può fare e si deve fare oggi.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *