Vai al contenuto

S. Andrea Corsini

Vescovo

I primi anni
I dati storici sui primi anni della vita di Andrea Corsini, purtroppo, sono scarsi.
Egli nacque a Firenze da Niccolò e Gemma degli Stracciabende.
Gli studiosi non sono concordi sulla data della sua nascita: con probabilità si può affermare che egli nacque tra il 1315 ed il 1318.
Scelse di entrare nell’Ordine Carmelitano intorno all’anno 1331 nel convento di Firenze, eretto Studium Generale con facoltà di conferire i gradi accademici.
Infatti fra Andrea consegue il grado di lettore e di baccelliere e nel 1347 insegna le Sentenze di Pietro Lombardo.
Il Capitolo Generale di Milano, nell’anno 1345 dispone che entro sette anni egli consegua il magistero, per insegnare Sacra Scrittura presso lo Studium di Parigi.

Priore provinciale di Toscana
Nel 1348 partecipò al Capitolo Generale celebrato a Mezt, in Alsazia e fu nominato provinciale di Toscana.
Gli fu posto sulle spalle il pesante fardello di reggere la Provincia in un momento drammatico della storia: in quel periodo morirono di peste oltre 100 religiosi e tutti i chierici, che studiavano a Montepellier nella Francia meridionale, dove la peste era scoppiata nel 1347.
Durante il breve tempo in cui esercitò questo incarico, Andrea animò i religiosi alla speranza e diede impulso alla costruzione della chiesa del Carmine di Firenze.

Vescovo di Fiesole
Il 13 ottobre 1349 Clemente VI lo nominò Vescovo di Fiesole.
La bolla è emessa da Avignone dove il Papa risiedeva.
Il Papa lo promuove al governo della Chiesa fiesolana, confidando che sotto la sua direzione, con l’aiuto di Dio, sia condotta a sempre maggiore incremento.
Non si conosce la data della consacrazione episcopale.
Tra i vescovi consacranti c’era certamente Angelo Acciaioli, Vescovo di Firenze e la cerimonia si tenne in Santa Maria del Fiore.
Non si sa nemmeno quando ha fatto l’ingresso in diocesi, ma il 19 gennaio è ancora al Carmine di Firenze in funzione di Priore provinciale e il 28 marzo risulta il primo atto del suo ministero episcopale.
Quindi fu consacrato in questo lasso di tempo.
Andrea sentiva impellente il dovere di esercitare la missione del buon pastore che, come Gesù, deve instaurare con le pecorelle rapporti di comunione di vita e di amore reciproco; ma per questo doveva stare in mezzo a loro e non fare come il mercenario che si allontana.
Andando a Fiesole egli aveva fisso nella mente un programma che si impegnò subito a realizzare.
Rompendo la tradizione dei vescovi fiesolani, che da oltre un secolo risiedevano a Firenze, presso la Chiesa di S. Maria in Campo, fissò la sua residenza presso la chiesa cattedrale, che era stata edificata nel 1028 e finita sotto il vescovato di Jacopo il Bavaro.
Era di modeste dimensioni, ma egli vi intraprese un’imponente opera di restauro.
Ridusse la parte posteriore a due piani per evitare che l’acqua, scendendo dalle rocche sovrastanti la città, penetrasse nella cattedrale, mentre la facciata ha conservato il disegno primitivo.
Quasi a complemento dei lavori in cattedrale, nel 1371 sant’Andrea realizzò il nuovo coro, luogo di preghiera dei canonici.

Il Riformatore
Se sant’Andrea ebbe a cuore il decoro degli edifici e delle chiese, maggiore impegno mise per la riforma dei costumi, caduti in una certa rilassatezza specialmente dopo i due anni del terribile flagello della peste.
Per ricondurre il popolo alla pratica cristiana fece perno sui sacerdoti, particolarmente sui parroci, imponendo la residenza come egli stesso aveva fatto con l’esempio, stabilendosi nel suo palazzo vescovile.
Le sue visite pastorali furono minuziose: molte chiese erano in disordine; grave era l’ignoranza e la trascuratezza anche dei doveri più elementari sia da parte dei fedeli che dei sacerdoti.
Richiamava tutti con fermezza e carità, ma con i recidivi applicava le pene canoniche e privava del beneficio e dell’ufficio gli incorreggibili.
Per tenersi al corrente dello stato della diocesi, estesa e difficile a percorrersi nella zona montuosa del Casentino, nel 1353 istituisce suo vicario don Dionisio, priore di S. Maria.
Per la formazione morale e spirituale dei seminaristi, nel 1372 erige una confraternita di sacerdoti, intitolata alla Santa Trinità, con il compito di istruirli e prepararli alla vita sacerdotale e apostolica.
Questa associazione anticipa la funzione dei seminari, che il Concilio di Trento istituirà due secoli dopo.

Il Padre dei poveri
La virtù che manifestò più di ogni altra la sua intensa vita spirituale fu la beneficenza verso i poveri.
Povero egli stesso, aveva voluto che la sua curia fosse composta di sole sei persone, fra le quali due frati del Carmine di Firenze, per vivere con loro secondo lo spirito del Carmelo.
Soccorreva i poveri personalmente alla porta dell’episcopio e sentiva questo atto come un dovere proprio del vescovo.
Ma lo chiamava anche una voce più alta di quella della sua natura: nei pellegrini, negli infelici, nei malati, nei diseredati vedeva Gesù che lo incoraggiava e gli diceva: “Quello che avete fatto per i più
piccoli dei miei fratelli lo avete fatto a me” (Mt 25,40).
Considerava se stesso padre e amministratore dei poveri.
Tolto il necessario, il resto apparteneva ai poveri ed il vescovo ne era semplice amministratore.
Una delle conseguenze più dolorose, lasciate dalla peste del 1348, fu la miseria in cui era caduto un gran numero di famiglie, rimaste prive dei loro principali sostegni economici.
Era grande il numero dei bambini che avevano perduto i genitori e si trovavano senza cure.
A ciò si aggiunse più tardi una terribile carestia per la quale la condizione dei poveri divenne più disagiata.
Con uguale amore assisteva i malati, che si trovavano nelle proprie case o negli ospedali, e vigilava personalmente, perché le rendite, destinate agli ospedali, fossero amministrate con giustizia.
Concorse efficacemente all’erezione di un ospedale a Cristoforo di Perticaia.
La sua carità verso i bisognosi deve aver prodotto profonda impressione se nel necrologio del Carmine di Firenze è ricordato come virtute caritatis famosus, elemosinis deditus.

L’angelo della pace
Con tutte le forze cercò di attenuare le contese e le discordie di quei tempi: i comuni si laceravano a vicenda e nella stessa città le avverse fazioni e i partiti politici dividevano gli animi e suscitavano guerre sanguinose.
Andrea predicava instancabilmente la pace e la concordia e alle sue prediche accorrevano anche cittadini di Firenze e dei paesi vicini.
Nelle cause e nei litigi ricorrevano a lui non solo gli ecclesiastici e i ricchi mercanti di Fiesole e di Firenze, ma anche i potenti cittadini di Prato, Pistoia e di altre città.
Dal suo stesso volto traspariva un animo pieno di pace.
Non fu mai sentito parlare con ira, ma sempre con soavità e dolcezza: virtù che egli usava anche nel correggere i sudditi, ma che non gli impedivano di infliggere salutari penitenze, quando non c’era altro rimedio al male.

Il transito al cielo
Morì il 6 gennaio 1374 (1373, secondo il computo fiorentino).
I canonici di Fiesole vollero seppellire il loro vescovo nella sua cattedrale, nonostante la sua disposizione testamentaria, nella quale chiedeva di essere tumulato al Carmine di Firenze.
I religiosi, forti della volontà del confratello e forse con l’assenso del fratello Neri, succedutogli nella cattedrale fiesolana, la notte del 2 febbraio portarono il corpo a Firenze; in seguito gli fu data sepoltura in un monumento marmoreo, fatto erigere dal fratello Matteo e dai nipoti nella stessa chiesa del Carmine, dove tuttora riposa.