Il piccolo Anno frequentò, tra il 1892 e il 1898, il ginnasio dei Francescani di Megen, nel Nord Brabante. Sentiva crescere in sé la vocazione e desiderava entrare tra i Francescani, ma non venne accolto a causa della salute fragile, che non gli avrebbe consentito di sopportare la durezza della vita francescana.
Si rivolse quindi ai Carmelitani, che lo accettarono; il 22 settembre 1898, Anno entrò nel noviziato di Boxmeer; in omaggio a suo padre assunse da religioso il nome di Titus. Al termine dell’anno di noviziato, il 3 ottobre 1899, emise i voti religiosi.
Tra il 1900 e il 1905 fra Titus seguì i corsi di filosofia e teologia nelle comunità di Boxmeer, Zenderen ed Oss.
Nel 1901, pubblicò il suo primo libro: un’antologia degli scritti di s. Teresa di Gesù, che aveva tradotto dal francese, intitolata Bloemlezing uit de werken der H. Teresia (Florilegio delle opere di S. Teresa).
Il 17 giugno 1905, a 24 anni, venne ordinato presbitero nella cattedrale di Den Bosch, nel Brabante. Dopo aver superato alcune difficoltà, venne inviato a Roma, nel Collegio Internazionale di S. Alberto, dove restò tre anni, dal 1906 fino al 1909. Frequentò la facoltà di filosofia della Pontificia Università Gregoriana e seguì anche dei corsi di sociologia presso l’Istituto Leoniano. Nel frattempo proseguì la collaborazione con alcuni giornali e riviste olandesi. Durante le vacanze estive soggiornò a Mainburg, in Baviera. In quel periodo soffrì per una ricaduta della sua malattia allo stomaco e, per ristabilirsi, venne inviato per qualche tempo nel convento di Albano Laziale. Il 25 ottobre 1909, poté superare l’esame di dottorato ottenendo però solo un “probatus”.
Rientrato in Olanda, iniziò ad insegnare filosofia e matematica nello studentato carmelitano di Oss, dove restò dal 1909 al 1923. In quel periodo trovò anche il tempo di dedicarsi alle pubblicazioni: nel 1912 fondò il periodico Karmelrozen (Rose del Carmelo, divenuto in seguito Speling) e nel 1918 iniziò la pubblicazione in più volumi delle opere di S. Teresa in lingua olandese. Dal 1919 al 1923 fu caporedattore del giornale De Stad Oss (La città di Oss).
Nel 1923 divenne professore di filosofia e storia della mistica nella neonata Università Cattolica di Nimega, dove restò fino al 1942.
Nel 1929 fece un viaggio di studio in Spagna, dove venne molto apprezzato per la delicatezza e la cultura.
Nell’anno accademico 1932-1933 fu eletto Rettore magnifico dell’Università Cattolica di Nimega. In occasione dell’apertura dell’anno accademico pronunciò il celebre discorso sul concetto di Dio; durante l’anno compì un viaggio ufficiale a Milano e Roma.
Nel 1933 in Germania, il Partito Nazionalsocialista uscì vincitore dalle urne elettorali e Adolf Hitler diventò Cancelliere.
Nel 1935 p. Titus fu nominato assistente ecclesiastico dell’associazione dei giornalisti cattolici dall’arcivescovo di Utrecht, mons. Johannes De Jong, con l’incarico di seguire e assistere circa una trentina di testate giornalistiche aderenti alla R. K. Journalistenvereniging. In quel periodo p. Titus ottenne la tessera internazionale di giornalista. In quello stesso anno fece un viaggio in Irlanda e negli Stati Uniti, dove tenne conferenze sulla spiritualità e la tradizione carmelitana, in seguito raccolte nel volume The Beauty of Carmel (La bellezza del Carmelo).
I testimoni del processo di beatificazione e canonizzazione furono concordi nel descrivere p. Titus come un uomo mite, attento agli interlocutori, capace di ascolto e di consiglio, disponibile per gli studenti e sempre pronto ad aiutare chiunque avesse bisogno, fosse anche un anziano affaticato a spingere un carretto, o a donare un capo di vestiario a un povero.
Brandsma aveva ben compreso il pericolo insito nel nazionalsocialismo, per questo nel periodo tra il 1938 e il 1939 tenne all’università dei corsi su quell’ideologia, criticandone l’impostazione pagana e antiumana.
La guerra iniziata nel settembre 1939 con l’invasione della Polonia si volse anche verso occidente. Il 10 maggio 1940, i tedeschi invasero l’Olanda, il Belgio, il Lussemburgo e la Francia, imponendovi gradualmente la propria ideologia.
Il 26 gennaio 1941, la Chiesa Olandese, per mezzo dei vescovi, reagì con fermezza contro i provvedimenti nazisti. P. Titus fu in prima linea e collaborò attivamente con l’episcopato. Nel frattempo gli era stata affidata anche la presidenza dell’associazione delle scuole cattoliche. Il 30 dicembre, l’arcivescovo Johannes De Jong convocò p. Brandsma per un colloquio sulla difficile situazione della stampa cattolica, obbligata a pubblicare proclami emanati dal governo di occupazione, in evidente contrasto con la morale cristiana.
Nei primi dieci giorni di gennaio del 1942, p. Titus girò in treno l’Olanda visitando le redazioni dei giornali cattolici per consegnare le direttive dell’episcopato e incoraggiare i direttori a resistere alle pressioni naziste. Mons. De Jong avrebbe dichiarato in seguito che p. Titus era del tutto consapevole del pericolo a cui si esponeva accettando l’incarico.
Il 19 gennaio, p. Titus appena rientrato a Nimega, tornò in università per tenervi l’ultima lezione; infatti, al rientro in convento, venne arrestato. Trascorse la prima notte di prigionia nel carcere di Arnhem.
Il 20 gennaio venne condotto nel carcere di Scheveningen, dove restò fino al 12 marzo. In quei giorni fu interrogato dal commissario nazista Hardegen sulla sua attività e i motivi della sua opposizione al nazismo. P. Titus ribadì con franchezza le sue posizioni, spiegandone i motivi con serenità in nove pagine di memoriale. L’ufficiale incaricato dell’interrogatorio era un prete secolarizzato, il quale non distrusse i verbali dell’interrogatorio, ma li conservò: in tal modo si poterono acquisire per il processo di beatificazione. Fu concesso a p. Titus di tenere con sé due libri: la vita di s. Teresa di Gesù di Kwalkman (Het leven van heiligen Theresia, 1908) e il Jezus di C. Verschaeve (1939). P. Titus decise di impiegare il tempo nella prigione con la scrittura della vita di s. Teresa, come avrebbe desiderato fare sin dai tempi in cui era ad Oss e non era mai riuscito a fare, per i troppi impegni. In mancanza di carta, utilizzò il libro sulla vita di Gesù scrivendo tra le righe quella della santa di Ávila: un intreccio significativo.
Dei giorni trascorsi a Scheveningen ci resta anche un diario, intitolato La mia cella, in cui p. Titus descrive la propria giornata finalmente silenziosa e solitaria, a parte i momenti in cui veniva interrogato. In quei giorni scrisse anche la preghiera Davanti all’immagine di Gesù, in cui esprimeva la propria desolazione, consolata dalla presenza mistica del Signore.
Il 12 marzo venne condotto nel campo penale di Amersfoort, dove rimase fino al 28 aprile, costretto a lavorare e a vivere in condizioni durissime. Il 16 maggio, venne ricondotto a Scheveningen per un supplemento d’interrogatorio, che durò fino al 13 giugno. Da Scheveningen fu trasferito nel campo di smistamento di Kleve, in Germania, dove trovò qualche sollievo alle sofferenze subite ad Amersfoort. A Kleve, infatti, poté partecipare alla messa ed ebbe colloqui spirituali con il cappellano del campo. A nulla valsero i tentativi dei superiori che cercarono, invano, di trasformare la condanna in domicilio coatto in un convento tedesco.
Il 13 giugno iniziò il lungo viaggio, durato una settimana fino al 19 giugno, che condusse p. Titus a Dachau. Il frate venne fatto salire assieme ad altri prigionieri su un carro bestiame, che attraverso Köln, Frankfürt e Nürnberg giunse al campo di Dachau. Questo campo di concentramento, costruito all’inizio degli anni ’30, ospitò fino alla fine della guerra almeno 110.000 persone, delle quali solo 30.000 uscirono vive. La vita era durissima: sveglia alle 4, dalle 5.30 alle 19 lavori forzati, interrotti solo da una breve pausa per il pranzo (una brodaglia indescrivibile, che p. Titus divise spesso con i compagni). Ci si ammalava in ogni modo e l’ospedale del campo era di fatto solo l’anticamera del forno crematorio. Inoltre vi venivano compiuti esperimenti disumanamente crudeli sui prigionieri, specie se disabili e particolarmente deboli.
Dal 19 giugno al 18 luglio, p. Titus fu internato nel blocco 28, in cui erano radunati numerosi religiosi e sacerdoti, tra i quali incontrò un confratello, fr. Raphael Tijhuis, un frate olandese che viveva nel convento di Mainz ed era stato internato perché in una lettera ai familiari si era lamentato per la difficoltà di reperire i francobolli e quindi condannato per disfattismo. Fr. Raphael gli fu di compagnia e aiuto negli ultimi giorni e sarebbe stato uno dei principali testimoni al processo di beatificazione.
Titus il 18 luglio fu internato nell’ospedale del campo, detto Revier, e vi rimase fino alla domenica 26 luglio, quando venne ucciso, alle ore 14, con un’iniezione di acido fenico. Poco prima di morire p. Titus aveva donato all’infermiera che lo stava uccidendo il rosario che un internato gli aveva fabbricato. La donna, una giovane olandese infatuata dell’ideologia nazista, gli disse di non saper pregare e p. Titus le rispose che bastava dire Prega per noi peccatori. In seguito la donna si convertì e poté testimoniare durante il processo di beatificazione raccontando le ultime ore di vita del Carmelitano.
Il corpo del p. Titus, come quello di migliaia di altri prigionieri deceduti, venne verosimilmente bruciato nei forni crematori del campo di Dachau.