Padre dei Carmelitani
Le fonti bibliche
Il profeta Elia appare nella Sacra Scrittura come l’uomo dell’assoluto di Dio.
Il suo nome in ebraico significa “Dio mio è Jahvè”.
Di lui non abbiamo una descrizione precisa; sappiamo soltanto che proveniva da Tisbe (I Re 17,1) una città al di là del Giordano.
Esercita il suo ministero nel Regno del Nord, nel secolo IX a.C., è vestito di peli e una cintura di cuoio gli cinge i fianchi (2 Re 1,8).
L’attività del profeta è narrata nella Sacra Scrittura nei due libri dei Re in cui troviamo il “Ciclo di Elia” (1 Re 17- 2 Re 1,18). Ancora nell’Antico Testamento il Libro del Siracide ne intesse le lodi (48,1-11) esaltando le sue gesta compiute nel nome e per la gloria di Dio.
Altri testi come 1 Mac 2,58, e la celebre profezia di Malachia (3,1.23-24) sottolineano l’importanza del profeta in riferimento ai tempi messianici di cui sarebbe stato il precursore.
Nel Nuovo Testamento i riferimenti al profeta sono diversi.
In particolare troviamo l’attività del Cristo prefigurata da quella del profeta (cfr Lc 4,25-26) e il rapporto con il Messia è espresso chiaramente nel celebre evento della Trasfigurazione sul Tabor (Mt 17,1-12; Mc 9,2-13; Lc 9,28-36).
Ma è soprattutto l’evangelista Luca a presentare Gesù come nuovo Elia, utilizzando fonti veterotestamentarie che lo riguardano in una sorta di parallelismo (cfr Lc 4,25-26 – 1 Re 17,9; Lc 7,12.15 – 1 Re 17,17-24; Lc 9,42 – 1 Re 17,23; Lc 9.51.
54.57.61-62 – 2 Re 1,10-12; Lc 22,43-45 – 1 Re 19,5-7).
Va sottolineato il riferimento del profeta a Giovanni il Battista (Lc 1,1-20), che condurrà una vita secondo lo stile penitenziale di Elia (Mt 3,4; 11,14; 17,11-13).
La storia narrata dalla Scrittura
La storia di Elia è tutta narrata nei testi biblici.
Egli è il profeta del Signore, appare improvvisamente in scena in un contesto di forzato e violento “tradimento religioso”.
Armato della Parola di Dio fin dalla prima riga della narrazione a lui dedicata (I Re 17,1), si presenta come accusatore della strumentalizzazione religiosa (I Re 17,18; II Re 1,16) e del potere (I Re 21,20-24) da parte del Re Acab e della moglie Gezabele.
Si impegna a reintrodurre i veri valori religiosi della tradizione, soprattutto Jahvè come unico Dio per Israele (I Re 18,21-24; 36-39).
Si scaglia contro i culti alle divinità cananee, introdotti in Israele a motivo del matrimonio d’interesse tra il re e la figlia del re di Tiro e Sidone, Gezabele.
Elia viene inviato dal Signore per annunciare al re Acab il castigo imminente per il suo comportamento empio (I Re 21,21-24), prorogato in seguito al suo pentimento, ma esteso alla moglie e ai figli (1 Re 21,29; 2 Re 9,7-10; 26;36).
Gezabele si vendica di ciò massacrando i profeti di Jahvè (1 Re 18,4-13; 19,20).
Allora il profeta Elia, preannuncia prima una siccità di tre anni e sei mesi, durante la quale egli si rifugia presso il torrente Kerit, in Transgiordania, dove viene nutrito dai corvi (1 Re 17,2-6), e poi per comando del Signore, giunge a Zarepta, a sud di Sidone, dove viene mantenuto da una vedova alla quale egli moltiplica miracolosamente olio e farina e risuscita il figlio (1 Re 17,7-24).
Ma la prova più significativa che testimonia che Jahvè è il vero ed unico Dio si ha nel confronto tra Elia e i quattrocentocinquanta profeti di Baal, divinità cananea, sul monte Carmelo (1 Re 18, 20-39).
Sul santo monte, il profeta offre il suo sacrificio al Signore, il quale risponde dal cielo bruciando l’olocausto, mentre le grida, le danze e le mutilazioni dei profeti di Baal non ottengono alcun risultato (1 Re 18,40).
Dal vertice del Carmelo, il santo profeta Elia, assisterà alla fine della siccità con il prodigio della nuvoletta, che simile ad una mano d’uomo sale dal mare, quale termine del periodo di forte siccità nel paese (1 Re 18,41-45).
Dopo questi fatti, per evitare le ire dell’empia regina Gezabele, Elia fugge e attraverso un cammino di quaranta giorni nel deserto (1 Re 19,1-8), giunge al monte di Dio, l’Horeb.
Lì in una teofania (1 Re 19,9-14), riceve una triplice missione: investire Hazaèl come re di Damasco, Ieu come re d’Israele ed Eliseo come profeta al suo posto (1 Re 19,15-17).
Nella vicenda dell’uccisione di Na-bot, fatto assassinare dal re sotto istigazione della mo-glie Gezabele per impossessarsi della sua vigna, il profeta interverrà energicamente per smascherare il piano nefasto e l’omicidio attuato dal monarca (1 Re 21,1-27).
Dopo ciò il re Acab muore (852 a.C.) nel corso di una battaglia (1 Re 22,1-40) e il figlio, che gli succede nel governo del regno, riceve una profezia di morte per bocca del profeta Elia per aver consultato un dio pagano a motivo di una grave infermità che aveva contratto (2 Re 1,2.6-7).
Giunto al termine della sua missione profetica, Elia seguito da Eliseo che aveva chiamato dai campi (1 Re 19,19-21) e da un gruppo di profeti del Signore, si reca al Giordano con tappa a Betel e a Gerico.
Dopo aver attraversato il fiume Giordano all’asciutto insieme ad Eliseo che prontamente gli succede nel ministero profetico, Elia viene assunto in cielo su un carro di fuoco scomparendo di mezzo al turbine, mentre due terzi del suo spirito si posano su Eliseo secondo la sua richiesta (2 Re 2,1-15).
Quest’ultimo, continuerà le gesta del padre svolgendo il suo ministero profetico a favore del popolo d’Israele.
Elia e i Carmelitani
Elia è il profeta che coltiva la sete dell’unico Dio vivo e vero (1 Re 17,1) e che, dopo un cammino lungo e faticoso, impara a leggere di nuovo i segni della presenza di Dio (1 Re 19,1-18) guardando la realtà che lo circonda con gli occhi e il cuore del Signore.
È il contemplativo rapito dalla passione per l’assoluto di Dio (2 Re 2,1-13), la cui «parola ardeva come fiaccola» (Sir 48,1).
Per questa sua esperienza si lascia coinvolgere nella vita del popolo d’Israele, riconducendolo alla fedeltà dell’unico Dio.
La ragione del suo esistere è servire Dio ed essere un profeta che guida il popolo sui sentieri dell’Alleanza con il Signore.
Egli è il profeta solidale con i poveri e i lontani e difende coloro che soffrono violenza e ingiustizie (1 Re 17-7-24; 21, 17-29).
Nella Basilica di San Pietro edificata sul colle Vaticano a Roma, i Carmelitani hanno eretto una statua al profeta Elia collocandola tra quelle dei fondatori di Ordini religiosi.
Ai piedi troviamo un cartiglio con questa iscrizione, tradotta: Elia profeta, Padre e guida di tutti i carmelitani.
Il fatto che Elia si trovi tra i fondatori di Ordini religiosi è molto significativo, perché evidenzia il ruolo importante che il profeta ha avuto da sempre nella vita dell’Ordine Carmelitano attraverso i secoli, fin dalle sue origini sul monte Carmelo, scenario della gesta del profeta.
Da lui i Carmelitani – che da allora lo considerano padre e maestro, celebrandone la solennità liturgica, ogni anno il 20 luglio – hanno ereditato la passione per il Signore e il desiderio di interiorizzare la Parola di Dio nel cuore, per testimoniare la sua presenza nel mondo.
Essi lottano con le armi spirituali e penitenziali (cfr Ef 6,11-18) contro lo spirito del male e contro ogni forma di ingiustizia sociale per garantire una giustizia che produce pace vera e duratura.
Per approfondire cfr.
E. BOAGA, Elia profeta nella storia e nella vita del Carmelo
(Orizzonti. Approccio dinamico al carisma del Carmelo n. 5) Roma 2008.