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Lectio divina su Lc 7,36-8,3

XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (anno C)

Togli, Signore, la mia colpa e il mio peccato.

Lectio divina su Lc 7,36-8,3

Invocare

Spirito di verità Tu ci rendi figli e figlie di Dio, così che ci possiamo accostare con fiducia al Padre. Padre, ci rivolgiamo a te con un cuor solo e un’anima sola e ti chiediamo: manda il tuo Santo Spirito!
Manda il tuo Spirito sulla Chiesa, su noi che meditiamo questa Parola di vita perché possiamo scoprire con più consapevolezza che il tuo mistero, o Dio, è un canto all’amore condiviso. Tu sei il nostro Dio e non un Dio solitario. Sei Padre, fonte feconda. Sei Figlio, Parola fatta carne, amore vicino e fraterno. Sei Spirito, amore fatto abbraccio.

Leggere

In quel tempo, 36uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 37Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; 38stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo.
39Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».
40Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». 41«Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. 42Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». 43Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene».
44E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. 46Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. 47Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco».
48Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». 49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». 50Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».
8,1In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e 2alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni; 3Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.

Un momento di silenzio meditativo perché la Parola possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.

Capire
Luca colloca qui questo episodio, per sviluppare maggiormente il tema precedente, cioè la rivelazione di Gesù come profeta: sono, infatti, i peccatori che riconoscono Gesù come tale, al contrario, i farisei rifiutano questo carattere profetico.
Il vangelo racconta la vicenda di una donna che entra in casa di Simone, un fariseo che aveva invitato Gesù. Vengono contrapposti i gesti della donna e di Simone: lei – definita “peccatrice” invoca la misericordia di Dio, mentre il fariseo si scandalizza per tanta tenerezza e soprattutto per l’atteggiamento di Gesù, che ai suoi occhi appare ingenuo e troppo permissivo nei confronti di una “peccatrice”. Gesù stesso riprende e racconta la vicenda per spiegare il suo punto di vista e presentare il suo dono: concede il perdono a chi riconosce il suo peccato ed esprime a Dio amore e pentimento. Il confronto tra loro due è espresso con una piccola parabola: “Un creditore aveva due debitori: l’uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta” (Lc 7, 41). Di questi due debitori, qual è che è messo meglio? Non c’è dubbio, quello che deve solo cinquanta denari, perché è in una condizione privilegiata rispetto all’altro. Eppure stranamente alla fine del racconto dei due viene privilegiato quello dei cinquecento denari, perché continua dicendo: “Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?” (Lc 7, 42). Si è capovolta la situazione; colui che aveva il debito più grave è quello che deve avere la riconoscenza più intensa, quindi è lui quello che ama di più.
Da questo punto di vista il Vangelo è prezioso. Siccome siamo di fronte alla salvezza, al perdono, alla riconciliazione e alla grazia di Dio, quel peccato che è il punto di partenza della nostra esperienza può stranamente e paradossalmente diventare l’occasione per un amore più grande, per una comprensione più intensa. Questo significa che il perdono di Dio viene riconosciuto tanto più chiaramente quanto abbiamo consapevolezza del nostro peccato. Il che significa che la consapevolezza del nostro peccato non dovrebbe produrre la disperazione, l’avvilimento. Dovrebbe invece produrre la speranza, e impedirci di porre in noi stessi la nostra sicurezza, ma spingerci ad andarla a cercare nel Signore.

Passi utili alla meditazione
Lc 11,37-38; 14,1-2; Mc 14,3; Gv 12,3; Ct 1,12-13; Sal 6,2-4.7; Ger 31,9; Lc 15,28-30; 18,9-14; Gv 7,47-52; Mt 18,23-28.32-35; Mic 7,18-20; 1Tm 1,12-16; Lc 14,16-20; Is 1,18; Is 55,7-8; Rm 5,20-21; 16,1-2; Lc 5,20-21.30-32; 15,22-24; 19,5-10; Ef 2,8-10; Gv 8,9-11; Lc 8,47-48; Sal 126,4-6; Is 9,5-6; At 16,13-15.

Meditare
v. 37: una donna, una peccatrice di quella città. La peccatrice esprime l’esperienza del peccato in due modi: con il dolore e con l’amore. Il dolore si vede facilmente in quel pianto che esprime la consapevolezza del suo errore, del suo peccato e della sua lontananza dalla santità di Gesù; ma il dolore non l’ha ripiegata su se stessa, non l’ha fatta macerare in una tristezza autonoma e isolata, l’ha invece spinta verso Gesù, a cercarlo, a interessarsi solo di lui. La donna non tiene conto di nessun altro: non tiene conto del fariseo, dei commensali, di quello che gli altri potevano pensare o dire o qualunque altro atteggiamento avessero potuto tenere; non tiene conto di niente, a lei interessa semplicemente Gesù. Ed è nei confronti di Gesù che si esprime ogni suo comportamento: le lacrime, il profumo, i baci, il gesto dell’asciugare con i capelli, tutte cose che le servono per andare al Signore e per stabilire con Lui un legame che, per quanto la riguarda, è essenzialmente un legame di amore.
v. 39: Il fariseo… pensò tra sé. Il fariseo si comporta come un giudice; prima giudica la donna e poi giudica Gesù: non scappa nessuno dal giudizio del fariseo. Ai suoi occhi di giudice inflessibile, la donna è legata con il suo peccato una volta per sempre; può fare quello che vuole, ma lei è una peccatrice, il suo peccato le rimane attaccato come una pelle. Il giudizio è senza riserve, senza remissioni. Il legame tra persona e peccato diventa indissolubile, non si può vedere in un altro modo, non si può accostare da un’altra prospettiva.
Chiaramente giudicando in questo modo la donna, fissando la donna nel suo peccato, il fariseo si separa da lei. È come se creasse una specie di abisso invalicabile. Il giudizio è definitivo: unisce insieme la donna al peccato e separa il fariseo dall’amore. È stabilita quindi una rigida barriera che ha un motivo preciso: di difendere la santità e la virtù del fariseo; quella donna è in qualche modo l’incarnazione del peccato. In questo modo il fariseo si è separato dalla donna, ma si è separato anche dalla misericordia di Dio, perché nei confronti di quella donna Dio pronuncia un giudizio di misericordia e di perdono. Quindi creare il distacco da lei, significa creare un distacco, una separazione dalla misericordia di Dio; il fariseo non ha niente a che fare con la misericordia di Dio, perché la misericordia di Dio passa gli abissi e raggiunge il peccatore.
vv. 41-42: Un creditore aveva due debitori… condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?. Questa breve parabola non risponde al dubbio avanzato dal fariseo, che riguardava la purità, ma dà una certa interpretazione al comportamento della donna (che non corrisponde probabilmente al senso originale di tale comportamento, che era di pentimento), giudicandolo come effetto del perdono ricevuto. Per contrasto, il fariseo apparirà sotto una cattiva luce.
Molto spesso le parabole sono costruite su un capovolgimento di situazioni: un uomo aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non c’è dubbio: dei due è in situazione peggiore quello che deve cinquecento denari; ma il padrone condona a tutti e due. Chi lo amerà di più? E succede che il maggior debitore viene a trovarsi in una condizione privilegiata: essendo stato perdonato di più; amerà di più. «Chi dunque lo amerà di più?». Gesù parte mettendosi dal punto di vista del fariseo e poi costringe il fariseo a ragionare in modo diverso, infatti alla fine gli dice: “Chi dunque di loro lo amerà di più?”. Ma il fariseo ha l’impressione che ci sia un piccolo tranello sotto, perché quando la domanda è troppo facile, sotto c’è l’inganno; così risponde:«Suppongo quello a cui ha condonato di più. Gli disse Gesù: Hai giudicato bene» (Lc 7, 43). “Hai giudicato bene”, vuole dire: attento, dentro a questa parabola ci sei anche tu; dentro a questa parabola ci sta questa donna peccatrice che aveva un debito grande, immenso davanti a Dio, e ci sei anche tu che avevi un debito piccolo; ma, nella parabola, quello che aveva il debito grosso, alla fine è colui che ama di più, e quello che aveva il debito piccolo è chi ama di meno.
Cerca di capire che questa parabola riguarda proprio te e riguarda tutti quelli che pensano di avere nei confronti di Dio un debito piccolo. Infatti, la situazione dei due debitori rivela la situazione di ogni uomo dinanzi a Dio: egli è sempre in debito.
v. 47: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. A prima vista questo versetto somiglia alla conclusione di molte parabole: una sentenza generale, parenetica, agganciata in un secondo tempo alla parabola originale. La formulazione è antitetica e dovrebbe riprendere l’insegnamento della parabola in questi termini: a chi è perdonato molto, ama molto; a chi è perdonato poco, ama poco.
In realtà solo il secondo membro dell’antitesi corrisponde alla parabola. La prima parte (le sono stati perdonati i suoi molti peccati, poiché ha amato molto) disturba e appare fuori posto. L’amore dimostrato dalla donna – amore che include pentimento ma anche rapporto personale con Cristo – è il motivo per cui Dio le ha dato il perdono.
La prospettiva di 47b, che corrisponde a quella della parabola, è diversa: l’amore messo in luce dal comportamento della donna è il segno e la conseguenza del perdono divino ricevuto in precedenza. Quest’amore manifesta che ella non è più peccatrice, ma ha vissuto l’esperienza dell’amore. L’amore che questa donna manifesta è il segno che è stata toccata dal perdono di Dio e, proprio perché il perdono di Dio è stato così grande, ha suscitato un amore immenso. Il Signore si rifà a una concezione che ritroveremo ancora nel Nuovo Testamento e che era già presente nei profeti: il perdono di Dio suscita l’amore e la fedeltà dell’uomo. Ma Gesù capovolge il modo di pensare degli scribi e dei farisei. Anche i farisei pensavano al perdono di Dio, come conseguenza della conversione dell’uomo: sono peccatore, mi converto e allora Dio mi perdona. Mentre prima c’è il perdono e poi c’è la vita nuova dell’amore, della fedeltà.
v. 48: I tuoi peccati sono perdonati. Alla donna sono riservate le ultime due parole di Gesù che chiudono la scena. La prima le assicura il perdono divino. Nella logica della parabola, Gesù confermerebbe un perdono che ella avrebbe già ricevuto in precedenza. Però la reazione dei commensali nel versetto seguente lascia intravedere che è adesso che la peccatrice riceve l’assoluzione di Gesù. Con la sua parola egli attua il perdono di Dio, dà alla donna la certezza di tale dono escatologico di cui egli sa di essere il mediatore.
Se vogliamo davvero amare Dio, con il cuore umile e riconoscente, dobbiamo collocarci tra i peccatori; se prendiamo coscienza del nostro peccato, allora la nostra vita diventa riconoscenza nei confronti di Dio e diventa amore. Ma se ne abbiamo una coscienza povera, allora il nostro amore rimane mediocre, perché abbiamo poco da chiedere al Signore e abbiamo poco da ricevere da Lui. Per poter vivere in pienezza l’amore e la riconoscenza, bisogna che ci riconosciamo debitori, ma debitori grandi, di una somma immensa che non possiamo pagare. Quando questa consapevolezza c’è, allora può scattare come risposta il meccanismo dell’amore e della generosità come espressione della riconoscenza.
vv. 49-50: E i commensali…Chi è costui, che perdona anche i peccati?. Come nel versetto 39, la riflessione dei presenti non viene detta ad alta voce. A Gesù si fa un’altra critica: chi è colui che perdona anche i peccati degli altri? L’evangelista non qualifica la reazione dei commensali: stupore o ostilità? La loro domanda, in realtà, aspetta la risposta del lettore.
Ma (egli) disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!». La seconda parola detta alla donna è una formula abituale, che conclude spesso nella tradizione sinottica i racconti di guarigione. È un’aggiunta redazionale destinata in parte a completare o correggere l’affermazione seguente, facendo capire che il vero fondamento del perdono è la fede e non le opere? Era parte del racconto originale, equiparando il peccato a una malattia? Comunque sia, la fede della donna significa fiducia totale nel potere salvifico di Gesù, apertura al dono divino che egli comunica, e non fiducia nelle sue capacità taumaturgiche.
La pace in relazione con la salvezza è pienezza che proviene da Dio, che porta armonia, ordine, concordia, sicurezza, prosperità, attualizzata in modo nuovo nella comunione con il Dio di Gesù.
8,1-3: L’inizio del capitolo 8 è collegato all’episodio che abbiamo appena visto. La prostituta è simbolo di tutti gli emarginati che, con Gesù, costruiscono la nuova società.
La proposta di Gesù è la Buona Novella del Regno di Dio nelle città e nei campi, ossia, per tutti (8,1). Le donne che aiutano Gesù sono persone riabilitate nella loro dignità (“… erano state guarite da spiriti cattivi e malattie”, v. 2) e, soprattutto, donne nelle quali Gesù scoprì grandi potenzialità in prospettiva del Regno di Dio.
Aiutando Gesù ed i discepoli coi beni che possedevano, quelle donne rivelano uno dei pilastri sui quali, secondo Luca, il Regno viene costruito: la condivisione.
L’elemosina – molta cara a Luca (cfr. 11,41; 12,33) – non consiste nel dare degli spiccioli a chi ha necessità; al contrario, è condivisione di tutto ciò che si è e si ha. E lì, il Regno mette radici.

Il Vangelo nel pensiero dei Padri della Chiesa
Poiché la donna peccatrice vide le macchie della sua turpitudine corse a lavarsi alla fontana della misericordia e non si vergognò dei convitati. Che cosa ci deve stupire: Maria che va dal Signore , il Signore che l’accoglie? Che l’accoglie o che l’attrae? L’attrasse nell’anima con la sua misericordia e l’accolse esteriormente con la sua mansuetudine. Al vedere questo, il fariseo disprezza non solo la peccatrice che si presenta, ma anche il Signore che l’accoglie e dice tra sé: Se fosse un profeta costui, saprebbe certamente che razza di donna è questa che lo tocca (Lc 7,39). Ecco il fariseo veramente superbo e falsamente giusto accusa la malata della sua malattia e il medico per il soccorso che le porta, lui che era malato di superbia e non lo sapeva. Fra i due malati sta il medico… quella piangeva per ciò che aveva fatto; il fariseo, invece, orgoglioso della sua falsa giustizia, esasperava la sua malattia e nemmeno capiva quanto fosse lontano dalla salvezza […] Se quella donna si fosse gettata ai piedi del fariseo, questi l’avrebbe cacciata, avrebbe creduto di rimanere sporcato dai suoi peccati… Ogni volta che vediamo il peccato degli altri, dobbiamo prima piangere su noi stessi perché forse siamo caduti nello stesso peccato o possiamo cadervi. E anche se dobbiamo censurare il vizio, dobbiamo tuttavia distinguere tra la severità contro il vizio e la compassione dovuta alla natura. Se il vizio va colpito, il prossimo dev’essere sostenuto, poiché nel momento in cui detesta ciò che ha fatto, non è più peccatore. Pertanto, fratelli, riconoscete la grandezza della pietà del Signore. Eccolo che chiama e invita i peccatori al suo abbraccio. Nessuno dunque perda l’occasione di una così grande misericordia, nessuno disprezzi la medicina offerta dalla divina bontà. Ecco la divina misericordia ci richiama dopo che abbiamo peccato e ci apre, se torniamo, le braccia della sua clemenza. Perciò chi si è allontanato, ritorni; chi è caduto si rialzi… Ripensate, fratelli, a questa peccatrice penitente e imitatela. Amiamo le piaghe del nostro Redentore, piaghe che abbiamo disprezzato peccando. Ecco, si apre per accoglierci il seno della divina bontà; la nostra vita di peccato non viene respinta. Se detestiamo la nostra cattiveria, già questo ci ridona una purezza interiore. Il Signore ci abbraccia al nostro ritorno perché per lui non può essere indegna la vita di un peccatore, se è lavata col pianto in Gesù Cristo nostro signore (Gregorio Magno, Hom., 33,1-8).

Alcune domande per la riflessione personale e il confronto
Qual è il mio pensiero nei confronti dei miei peccati? Mi sento un peccatore o un giusto?
Qual è il mio atteggiamento nei confronti di coloro che sono peccatori, magari nei miei confronti?
Quali sentimenti suscita in me il racconto della donna peccatrice?
Come intendiamo il nostro rapporto con Dio? Ci accontentiamo della Messa domenicale, di una presenza formale a celebrazioni liturgiche per cui possiamo essere definiti praticanti o sappiamo superare il segno puramente esteriore per dare a Dio il profumo di un amore gratuito, che va oltre le prescrizioni?

Pregare
Raccogliamoci in silenzio ripercorrendo la nostra preghiera e rispondiamo al Signore con le sue stesse parole (dal Sal 32 [31]):

Beato l’uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.

Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»
e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.

Tu sei il mio rifugio, mi liberi dall’angoscia,
mi circondi di canti di liberazione.
Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!
Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia!

Contemplare-agire
Anche noi, ai margini della società, possiamo trovare qualcuno che sa che abbiamo commesso colpe, ma che si accorge che sappiamo amare, che possiamo andare oltre la nostra condizione. Lasciamoci plasmare dall’amore di Dio per continuare a perdonare e amare.

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