Vai al contenuto

LECTIO: III DOMENICA DI PASQUA (C)

Lectio divina su Gv 21,1-19
Invocare
Padre misericordioso, accresci in noi
la luce della fede, perché nei segni sacramentali della Chiesa riconosciamo il
tuo Figlio, che continua a manifestarsi ai suoi discepoli, e donaci il tuo
Spirito, per proclamare davanti a tutti che Gesù è il Signore. 
Egli è Dio e vive e regna con te
nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Leggere
1 Dopo questi fatti, Gesù si manifestò
di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: 2 si
trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di
Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. 3 Disse loro Simon Pietro:
«Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e
salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. 4 Quando già era
l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era
Gesù. 5 Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli
risposero: «No». 6 Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra
della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la
grande quantità di pesci. 7 Allora quel discepolo che Gesù amava disse a
Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si
strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. 8
Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di
pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. 9 Appena
scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. 10 Disse
loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». 11 Allora Simon
Pietro sali nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré
grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. 12 Gesù disse
loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi
sei?», perché sapevano bene che era il Signore. 13 Gesù si avvicinò, prese il
pane e lo diede loro, e così pure il pesce. 14 Era la terza volta che Gesù si
manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti. 15 Quand’ebbero
mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di
costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli
disse: «Pasci i miei agnelli». 16 Gli disse di nuovo, per la seconda volta:
«Simone, figlio di Gio¬vanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai
che ti voglio bene». Gli disse: «Pa¬scola le mie pecore». 17 Gli disse per la
terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase
addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse:
«Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù:
«Pasci le mie pecore. 18 In verità, in verità io ti dico: quando eri più
giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio
tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». 19 Questo
disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto
questo, aggiunse: «Seguimi».
Silenzio meditativo: Ti esalterò Signore perché mi hai
risollevato.
Capire
Il capitolo 20 del vangelo di Giovanni
ha descritto il cammino di fede pasquale dei discepoli a partire dalla tomba
vuota fino all’incontro personale con il Risorto che reca i doni pasquali.
Il capitolo 21, ultimo del Vangelo di
Giovanni ma con fisionomia aggiunta, redatta da uno dei discepoli di Giovanni.
Esso ci presenta Gesù risorto nella comunità che è in missione tra le ostilità
del mondo e che viene invitata a seguire il Maestro, anche se le è riservata la
medesima sorte (cfr. 21,29). Viene denominato la seconda conclusione del
vangelo giovanneo e si dà a questo capitolo una forte connotazione ecclesiale.
Questo ci può far riflettere sulla necessità che la chiesa, sempre di più, sia
fondata sulla Scrittura.
Il ritorno dei discepoli alla loro
terra di Galilea e al loro lavoro di pescatori forse rivela un momento di
dispersione e di smarrimento della comunità dopo lo scandalo della croce. Ma
l’esperienza con il Risorto, vissuta in una normale giornata di fatica, mette
in luce che la fede si può vivere sempre in qualsiasi tempo e circostanza.
Il Signore si rivela loro presso il
mare di Tiberiade svelando con gradualità il suo mistero e la loro vocazione.
Ma cosa significa seguire Gesù? Significa seguire l’Agnello che è stato
immolato. Si tratta di percorrere una strada di obbedienza e di croce, la
strada di un amore che si fa serio attraverso il dono totale di sé.
Meditare
v.
1: Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di
Tiberìade. E si manifestò così:
È un’ulteriore manifestazione di Gesù,
diversa dalle precedenti. Questa volta non nel Cenacolo, ma in un luogo aperto.
La parola «manifestarsi» viene usata da Giovanni 9 volte ed è applicata 3 volte
agli incontri con il Risorto e tutte in questo racconto. Il termine tradotto dal
greco significa rendere chiaro. Suggerisce un uscire dall’oscurità per venire
alla luce. Giovanni qui non fa altro che attirare l’attenzione su un evento
grande che sta per compiersi.
La potenza della risurrezione di Gesù
non ha ancora finito di invadere la vita dei discepoli e quindi della Chiesa;
occorre disporsi ad accogliere la luce, la presenza, la salvezza che Cristo ci
dona. E come si manifesta ora, in questo brano, così continuerà sempre a
manifestarsi nella vita dei credenti. Anche nella nostra. Questo sarà d’ora
innanzi il suo modo di essere con i suoi discepoli.
v.
2: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana
di Galilea, i figli di Zebedeo.
I discepoli vengono caratterizzati da
questo stare insieme. Gesù del resto li chiamò perché stessero con lui. Qui ci
sono sette discepoli, cinque dei quali sono ben identificati, che sembrano
essere ritornati alla loro terra di origine e alle loro attività abituali, come
se non fosse accaduto niente di strano.
Gesù Li chiamò dal luogo della sua
preghiera, come attirandoli a sé e simbolicamente introducendoli nel segreto
della sua comunione con il Padre. Li chiamò perché stessero con lui e per
mandarli con la sua stessa potenza ad annunciare il vangelo del Regno (cfr.
Marco 3,13-15).
i figli di Zebedeo. È l’unica volta che
nel quarto Vangelo ricorre quest’espressione. Sappiamo dagli altri Vangeli che
sono Giacomo e Giovanni (cf. Mc 1,19b), coloro che con Pietro, partecipano alla
pesca di Lc 5,1 ss. Nella tradizione il secondo di questi fratelli è stato
identificato con il compagno anonimo di Andrea (Gv. 1,35-40) «l’altro
discepolo», quello che Gesù amava, autore del quarto Vangelo.
e
altri due discepoli
Chi sono questi altri due discepoli? Il
numero due nella Bibbia viene raffigurato come l’inizio della moltitudine.
Quindi inutile chiedersi chi fossero questi due discepoli, rimangono anonimi.
Questi rappresentano ciascuno di noi e quanti prenderanno la via del discepolato.
La presenza di questi due personaggi misteriosi apre e chiude il racconto di
Giovanni.
v.
3: Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare».
Pietro e altri sei discepoli escono dal
chiuso del cenacolo e si spingono fuori, verso il mare per pescare. Simon
Pietro non ordina agli altri di pescare. L’autorità non è comando, ma un
modello da imitare.
Gli
dissero: «Veniamo anche noi con te».
C’è un domandare che nasce dal cuore e
che nella spontaneità si fa concretezza, vita, sequela. C’è una libera
decisione che nasce da un cuore in comunione. Questa comunione tra di loro
resta però sterile fino a quando non è comunione con Gesù, obbedienza alla sua
parola.
La preposizione «con» (= syn), che
indica appunto comunione, appare solo altre due volte in Giovanni. Si parla di
Lazzaro, risorto, che sta a mensa «con» Gesù (12,2) e di Gesù che entra nel
giardino «con» i suoi discepoli (18,1). Per Tommaso, ad esempio, che dice di
essere disposto a morire accanto a Gesù, si usa la preposizione greca «metá»,
che indica piuttosto l’essere a fianco (cfr. 11,16).
Allora
uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
È una notte intera ed è buio: buio
nella vita. Una notte di fatica, non prendono nulla. In questo buio vi è
solitudine, l’incapacità delle forze umane. Finora si è parlato di «quel
giorno» (cfr. 19,31; 20,1.19). Ma qualunque giorno rimane notte fino a che non
si manifesta la luce del mondo, infatti. Ogni iniziativa apostolica, con tutte
le reti e le perizie del mondo, se non scaturisce dalla comunione con il
Signore, resta infruttuosa (cfr. il paragone dei tralci e della vite in Gv
15,4-5).
v.
4: Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano
accorti che era Gesù.
 Il testo dice che Gesù “stette” sulla riva. La
sua presenza non è saltuaria, ma stabile; spetta ai discepoli accoglierla,
riconoscendo che da soli non possono fare nulla. Il momento è poi quello dell’alba
che, nel linguaggio biblico, è spesso associata all’esperienza della salvezza
(cfr. Sal 5,1:30,6.88.14); infatti, in quest’alba, Gesù li soccorre e dona
fecondità ai loro sforzi. È preferibile leggere, con molti codici, «venendo
l’alba» invece che «quando già era l’alba». Infatti la notte finisce e viene
l’alba con la presenza di Gesù. Con lui inizia il giorno nuovo (20,1), che
dissolve la tenebra in cui si trovano i discepoli. I discepoli fanno fatica a
riconoscere Gesù, non tanto per ragioni esteriori, ma per la loro lentezza
spirituale; cosa, questa, comune a molte cristofanie pasquali. Sarà necessaria
l’obbedienza alla sua parola perché i loro occhi si aprano e lo confessino come
il Signore.
v.
5: Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero:
«No».
Letteralmente il termine usato è companatico (trasl. prosphagion), e non il pane, perché il pane vero lo potrà dare lui
soltanto. Il «pane» c’è già: è lui, che ha dato se stesso per la vita del
mondo. Manca il «companatico» da aggiungere a questo pane: è la risposta al suo
amore, che solo noi possiamo dare. La loro risposta è un secco «no», pieno di
delusione. Quante volte, nonostante il nostro darci da fare con perizia e
impegno, brancoliamo nella notte e non peschiamo nulla (cfr. Lc 5,5). Se la
missione è senza frutto, significa che non siamo uniti a lui, che non
ascoltiamo la sua parola.
v.
6: Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e
troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande
quantità di pesci.
Gesù dà loro un consiglio, che viene
subito accolto ed eseguito. La parte destra indica il fianco destro, il più
nobile dell’uomo, notoriamente il più favorevole (cfr. Gn 48,13-15; Mt 25,33).
La destra indica inoltre la potenza divina. Indicando una parte precisa, Gesù
dà una direzione verso la quale guardare.
Il tema della “destra” è simbolo, nel
linguaggio biblico della benedizione divina: è l’immagine della presenza di un
Dio amante della vita e di tutti i viventi, che vivifica, anzi dona la vita con
abbondanza. Subito ci è dato di vedere in prospettiva Gesù Salvatore, di
sentirlo dire quelle parole: “Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in
abbondanza, in pienezza” (Gv 10,10).
Inoltre, evoca la visione di Ez 47, con
il ruscello che esce dal lato destro del Tempio, fino a diventare un fiume immenso
che tutto risana e che dà vita alle acque del mare. Collegando i vari elementi,
si può dire che in Giovanni, (cfr. Gv 2.13-25) Gesù Risorto è il nuovo Tempio,
la nuova e definitiva possibilità di incontro con Dio.
v.
7: Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon
Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi,
perché era svestito, e si gettò in mare.
Questo discepolo, come già detto,
appare sempre vicino e in contrappunto a Pietro. È lui che notifica la presenza
di Gesù. In Gv 20,3-8 il discepolo che Gesù amava vede le bende e crede. Qui è
il primo a riconoscere Cristo nello straniero sulla riva. Solo l’amore vede più
in profondità. Giovanni, il discepolo dell’amore, riconosce il Signore e grida
la sua fede agli altri discepoli.
Pietro aderisce immediatamente e si
butta in mare per raggiungere al più presto il suo Signore e Maestro. Gli
altri, invece, si avvicinano trascinando la barca e la rete. Significa, allora
che la nostra vera povertà si ha quando si è lontani dal Signore. Pietro si
butta nel mare, come prima era entrato nel sepolcro (20,6). Gettarsi in acqua e
risalire, nudità e veste sono allusioni al battesimo. Si riveste di Cristo.
La parola «cingersi» è la stessa usata
per la lavanda dei piedi. Pietro si riveste di Cristo, da ora in poi assumerà
lo statuto di servo, sarà sempre al servizio. La forza simbolica del gesto è
moltiplicata dal fatto che sembra strano cingersi la veste per gettarsi in
acqua, sarebbe più logico il contrario.
vv.
8-10: Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete
piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di
metri.
Per i discepoli che fanno fatica a
riconoscere Gesù, sarà necessaria l’obbedienza alla sua parola perché i loro
occhi si aprano e lo confessino come il Signore. È sempre la sua parola che
consente di giungere ad una vera coscienza di sé, dei propri risultati e dei
propri limiti!Corroborati nella fiducia, dal termine stesso paidia (ragazzi) e
non teknia (figlioli) che ha la forza di smuoverli dal loro fallimento, vanno a
pescare, sulla parola di Gesù e di giorno gettando la rete dalla parte destra
della barca, prendendo pesci in abbondanza, al di là di ogni loro aspettativa.
L’obbedienza alla parola che li ha
raggiunti viene ricompensata da una pesca assolutamente mirabile, la rete si
gonfia spropositatamente di pesci. I discepoli così, sperimentando una realtà
nuova, e cioè che non sono loro a procacciarsi da vivere, ma che possono
soltanto accogliere una parola donata portatrice di vita e di fecondità.
Appena
scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse
loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora».
Non si dice che vedono Gesù, ma brace
con pesce e pane. Il termine con cui si traduce fuoco di brace (antrakìa)
si trova solo in Gv 18,18: Pietro fuori del palazzo del sommo sacerdote si
scalda a un fuoco insieme a quelli che avevano arrestato Gesù. Possiamo
alludere alla riabilitazione di Simon Pietro.
Nel versetto, c’è una sovrimpressione
tra Gesù e i doni eucaristici. Ora i discepoli capiscono il suo discorso fatto
nella sinagoga di Cafarnao sul pane di vita (6,26-59): Gesù è il pane offerto.
Infatti, nell’Eucaristia, non siamo noi a portare il pane, ci viene offerto.
v.
11: Allora Simon Pietro sali nella barca e trasse a terra la rete piena di
centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si
squarciò.
Pietro ora sale dall’acqua dove si è
immerso: l’acqua della vita di tutti i giorni, ed inizia la sua missione nella
nuova barca: la Chiesa. Ora Simone diventerà Pietro, con il suo nome nuovo. Per
questo lui solo è pronto a farlo nonostante l’invito fosse rivolto a tutti.
Questo versetto è caratterizzato da una grande simbolica, che fa fare il
passaggio dalla infruttuosità a “portare frutto duraturo”. Anche il numero 153
è simbolico con numerose interpretazioni. San Girolamo dice che i naturalisti
di lingua greca distinguevano 153 specie di pesce. La cifra inoltre, significherebbe,
a ragion di conoscenza, la totalità dell’umanità.
L’episodio è una parabola della futura
missione: vuota senza Cristo, fruttuosa con lui. È la parola del Signore che
riempie le reti, e sarà sempre la sua Parola che renderà efficace in ogni tempo
la missione dei discepoli.
v.
12:
Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava
domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore.
Gesù invita al banchetto del pane di
vita, al banchetto eucaristico. Colui che ci ha lavato i piedi è sempre in
mezzo a noi come colui che serve (Lc 22,27), che continua a donarsi e non c’è
nessun timore perchè sapevano che era il Signore. Non c’è bisogno di tante
domande, sarebbe mettere in dubbio la sua presenza e la sua divinità, cosa che
per i discepoli è ormai assodata. È evidente che il riconoscimento di Gesù
viene dalla comunione con lui, dal mangiare e vivere di lui. Il Risorto viene a
noi nell’Eucaristia, attende solo di essere accolto.
vv.
13-14: Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce.
Era la terza
volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Tre i verbi per riportarci alla cena
eucaristica (cf Gv 6,11). È un gesto di riconciliazione. La comunione tra il
maestro e i suoi discepoli si è ormai ristabilita. Come a Emmaus il Signore
risorto mangia con i suoi. Cristo è presente nella comunità ecclesiale durante
la frazione del pane. L’indicazione del terzo incontro tra Gesù e i suoi può
essere vista come un raccordo al capitolo 20.
v.
15: Quand’ebbero mangiato,
Gesù vuole stabilire i rapporti
interpersonali e si rivolge a Pietro all’interno della comunità dei discepoli.
C’è un dialogo serrato, con dieci scambi di parola tra Gesù e Simon Pietro. 
Tema del dialogo è il suo ruolo di guida e custode
dell’unità, già emerso durante la pesca.
Gesù
disse a Simon Pietro: Simone, figlio di Giovanni
Simone di Giovanni, così Gesù chiama
Pietro: con il nome suo e di suo padre, come all’inizio (cfr. 1.42). Dopo
l’esperienza dell’amore e della fedeltà del Signore per lui, diventerà Pietro,
come gli fu detto nel primo incontro (1,42).
mi
ami più di costoro?.
Gesù usa la parola (trasl. agapas) che indica l’amore originario e
gratuito con il quale Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio (3,16).
Gesù chiede a Pietro se lo ama «più» degli altri per ridimensionare la sua
pretesa di essere migliore degli altri.
Gli
rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene».
Pietro non usa il verbo amare, risponde
con “ti voglio bene”. La risposta affermativa di Pietro non si fonda sulla sua
sicurezza di dare la vita per Gesù, ma sulla sua possibilità concreta e reale
di rispondere a questo amore. In questo momento non è capace di dire “ti amo”.
Quindi non è una semplice variazione stilistica. «Nessuno ha un amore più
grande di questo, dare la vita per i suoi amici. Voi siete miei amici, se fate
ciò che vi comando» (15,13s).
Pietro di fatto, poi, darà la sua vita
per l’amico, proprio nell’esercizio del suo ministero di pastore che pasce il
suo gregge. Pietro lascia perdere l’emulazione con gli altri: non risponde al
«più di costoro».
Gli
disse: «Pasci i miei agnelli».
«Dire “pasci” significa affidargli il
gregge perché vada avanti e il gregge lo segua come si segue il pastore di cui
le pecore conoscono la voce, significa preoccuparsi perché al gregge non manchi
il necessario, incominciando dagli agnelli, cioè dai piccoli, dai più deboli,
significa difenderli dai pericoli, disposto a dare la propria vita, perché
abbiano la vita» (Mario Galizzi).
vv.
16-18: Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni,
mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli
disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio
di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta
gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu
sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore.
La fede e l’amore hanno aperto gli
occhi a Pietro; e, sull’amore, appunto, lo interpella Gesù: «Simone di
Giovanni, mi ami tu più di costoro?»; una domanda ripetuta per ben tre volte,
nonostante la risposta affermativa dell’apostolo; una domanda che sembra voler
dare a Pietro l’occasione, per cancellare il triplice tradimento, nei giorni
della Passione.
«Certo, Signore, tu lo sai che ti
voglio bene»; è la triplice risposta di Pietro, al quale Gesù affida il compito
di condurre e confermare i fratelli nella fede. Da quel momento, sarà il
Pescatore di uomini, e coloro che, nel tempo, gli succederanno, a guidare il
nuovo popolo di Dio, che è la Chiesa, quella mistica rete stracolma di pesci
che, tuttavia, non si rompe per il carico che porta.
Pietro è stato interrogato sull’amore
per il suo Signore, e anche noi lo siamo, ogni giorno, ed ogni giorno, per
tutto l’arco della vita, anche noi, come lui, siamo chiamati ad ascoltare
l’invito del Redentore che ci ripete: «Seguimi!».
Affidando a Pietro il compito di
pascere la sua chiesa, Gesù gli chiede una professione di amore. Se amerà Gesù,
Pietro certamente amerà anche il gregge di Gesù, saprà servirlo con la premura
del responsabile e nello stesso tempo con il distacco del servo. Se amerà Gesù,
Pietro non cadrà nella tentazione di spadroneggiare sulle persone a lui
affidate, ma saprà farsi modello del gregge.
In
verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e
andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti
vestirà e ti porterà dove tu non vuoi».
II testo è un contrappunto
giovane/vecchio, cingersi/essere cinto, andare/essere portato, volere/non
volere. C’è una differenza tra il precedente Simone, che da giovane si cingeva
la veste credendo di andare dove voleva, e il nuovo Simone, che da vecchio sarà
cinto della veste da un altro e sarà portato dove non vuole. Se Pietro voleva
dare la vita per Gesù, Gesù ha dato la vita per lui. Lavandogli i piedi, gli ha
dato la libertà di amare come è amato. Per questo «tenderà le mani» e sarà
condotto a morire accanto a Gesù, come i due malfattori. Solo in questo
capovolgimento si raddrizzerà. Allora si compirà il suo battesimo, iniziato nel
suo buttarsi in mare cinto della veste (cfr. v. 7). Crocifisso con Cristo (cfr.
Rm 6,6), deporrà definitivamente l’uomo vecchio e rivestirà l’uomo nuovo:
diventerà come il Pastore bello che sa dare la vita (10,11). Così gli sarà
veramente amico (15,13).
v. 19: Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio.
E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
Questo versetto, che chiude il brano, è
un po’ particolare, perché presenta un commento dell’evangelista e subito di
nuovo lascia risuonare la parola di Gesù per Pietro, parola fortissima e
definitiva: “Seguimi!”, alla quale non c’è altra risposta che la vita stessa. Egli
in quel tempo voleva seguire Gesù e dare la vita per lui (Gv 13,36-38). Gesù
gli aveva detto “Dove vado io per ora non puoi seguirmi”. Ora invece è venuto
il tempo in cui Pietro lo può seguire.
Come Filippo all’inizio (1,43), ora
anche Pietro è chiamato dal Signore a seguirlo. Pietro non è il pastore da
seguire, ma l’agnello che segue l’Agnello, fino al martirio. Con la sua
testimonianza offrirà ai fratelli il cibo di cui lui stesso si è nutrito.
Seguire Gesù è un’espressione che dice in sintesi tutta la vita cristiana: si
segue chi si ama, per essere con lui e come lui.
La Parola illumina la vita
Ho il coraggio di fidarmi di Lui, o
voglio continuare a fare di testa mia, a prendere le mie misure? Su quale lato
getto la mia rete?
Come rispondo al “seguimi” di Gesù? Qual
è la qualità del mio amore per Gesù? Quale missione mi sta affidando?
Ci sono occasioni in cui posso dare
testimonianza credibile dell’amore che Dio ha manifestato per me in Cristo
Gesù? Come le valorizzo?
Pregare
Ti esalterò, Signore, perché mi hai
risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di
gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita
dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non
scendessi nella fossa.
Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia.
Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per
sempre. (Sal 29).
Contemplare-agire
Voglio accogliere la missione che il
Signore mi affida; voglio rispondere alla sua chiamata e voglio seguirlo, dove
Egli mi condurrà. Ogni giorno, nelle piccole cose.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *