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LECTIO: XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (A)

 Lectio divina su Mt
16,21-28

Invocare
Rinnovaci con il tuo Spirito di
verità, o Padre, perché non ci lasciamo deviare dalle seduzioni del mondo, ma
come veri discepoli, convocati dalla tua parola, sappiamo discernere ciò che è
buono e a te gradito, per portare ogni giorno la croce sulle orme di Cristo
nostra speranza.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
Leggere
21Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi
discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli
anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il
terzo giorno. 22Pietro lo prese in disparte e si mise a
rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». 23Ma
egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di
scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
24Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se
qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi
segua. 25Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma
chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26Infatti
quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la
propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? 27Perché
il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi
angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni. 28In
verità io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di
aver visto venire il Figlio dell’uomo con il suo regno».
Silenzio meditativo
ripetendo mentalmente il testo cercando di ricordare quanto letto o ascoltato
Capire
Continuiamo la lettura
evangelica di domenica scorsa. Gesù, a Cesarea di Filippo, luogo pagano per
eccellenza, ha fatto una piccola indagine tra i suoi discepoli chiedendo che
cosa dicesse la gente sulla sua identità e poi chiedendo direttamente chi fosse
Lui per loro. Questo ha dato a Pietro l’occasione di riconoscere Gesù come il
Cristo, il figlio del Dio vivente. Si tratta della prima pietra su cui Gesù
comincia a costruire la sua Chiesa.
Nel brano di questa domenica
Gesù continua la sua costruzione, annunciando ai suoi discepoli che è
necessario per lui andare a Gerusalemme, soffrire a causa dei capi di Israele,
essere ucciso e poi risorgere. La nascita della Chiesa deve passare attraverso
il dono della vita di Gesù, dono che avverrà in modo cruento. Un linguaggio
troppo duro per i discepoli, soprattutto per Pietro, che nonostante la grande
rivelazione ricevuta, rifiuta questo annuncio troppo sconvolgente, troppo
lontano dalle logiche umane. Gesù rimprovera Pietro e fa seguire al rimprovero
alcuni insegnamenti per i discepoli. Le logiche degli uomini vengono totalmente
ribaltate dal messaggio e dalla vicenda di Gesù.
La liturgia domenicale chiude il
brano al v. 27. Noi chiudiamo la lectio al v. 28, ultimo versetto del cap. 16
del vangelo di Mt che completa la conclusione del discorso di Gesù.
Meditare
v. 21: Da
allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a
Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e
degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.
Se
ricordiamo, Pietro aveva appena riconosciuto che Gesù era il Cristo, il Messia
atteso da Israele. Adesso Gesù spiega qualcosa che sconvolgerà la vita di
Pietro e dei discepoli: il modo in cui avrebbe realizzato la sua messianicità,
il suo essere discendente di Davide.
Qui il
verbo “è necessario” (tradotto con doveva andare), in greco si usa una parola
dal significato “era un disegno di Dio”, che “era il compimento della volontà
di Dio”, «per lui, andare a Gerusalemme».
Egli
salirà sul trono di Davide, ma questo trono significherà soprattutto la
sofferenza. Anche Davide dovette soffrire molto, ma non fu ucciso in modo
violento. Gesù sarà ucciso invece perché egli non solo è re dei Giudei, ma anche
profeta (cfr. “Gerusalemme, Gerusalemme che uccidi i profeti” Mt 23,37). Questo
è il modo in cui Gesù realizzerà il suo essere Messia.
Il
versetto sottolinea le tre classi sociali: gli anziani, i capi dei sacerdoti e
gli scribi: sono le tre categorie di persone che componevano il sinedrio, cioè
il massimo organo giuridico di Israele. Ma la sua morte non è quello che
sconvolge di più Pietro e i discepoli. Il fatto più sconcertante, l’annunzio più
strano è il «risorgere il terzo giorno», qualcosa di assolutamente
incomprensibile.
v. 22: Pietro
lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia,
Signore; questo non ti accadrà mai».
Pietro
prende in disparte Gesù, lo afferra e lo porta verso di sé, dice il testo, e lo
rimprovera. Pietro usa uno scongiuro biblico , che si adoperava per quanti hanno abbandonato
Dio. Se qualcuno abbandonava Dio gli si diceva l’espressione “che Dio ti
perdoni”, perché nessuno ti può perdonare questo grave crimine.
Pietro
non ha ancora capito cosa significhi per Gesù essere il Cristo, anzi considera
Gesù posseduto dal demonio, abbandonato da Dio.
v. 23: Ma
egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di
scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Gesù
intima subito a Pietro di tornare al suo posto: dietro di me. Per farlo, Gesù
adopera lo stesso imperativo “vattene” che nel deserto ha adoperato nei
confronti di satana, quando gli ha detto «vattene satana» (Mt 4,10). Qui però
ci sta una differenza: a satana ha detto «vattene satana» e basta, a Pietro
Gesù dice «vattene dietro di me». Il discepolo non può dirigere il maestro
secondo il suo modo di vedere le cose. La realtà della sofferenza e della morte
fa parte dell’opera di Cristo, che Pietro lo voglia o no.
Gesù
capovolge la situazione anche nei confronti di Pietro. Se prima lo ha definito
pietra di fondamento della sua Chiesa, ora lo chiama satana, colui che fa
inciampare, colui che non permette di realizzare il disegno di Dio.
Proprio
Pietro che aveva ricevuto dal Padre la rivelazione sulla vera identità di Gesù,
in questo momento non pensa come Dio, ma pensa come gli uomini. È proprio di
Pietro comportarsi così. È proprio dell’uomo questa manifestazione, sia in male
che in bene.
Questo
ci ricorda che il vero fondamento della Chiesa è Gesù stesso, l’interpretazione
del messianismo che lui stesso ci ha dato con il suo insegnamento, ma
soprattutto con la sua morte e risurrezione. Non si può costruire su un
fondamento diverso (1Cor 3,11). È Cristo la pietra preziosa posta a fondamento
della città di Sion, «una pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in
essa non resterà deluso…ma per quelli che non credono la pietra che i costruttori
hanno scartato è diventata pietra d’angolo e sasso d’inciampo, pietra di
scandalo. Essi v’inciampano perché non obbediscono alla Parola. A questo erano
destinati» (1Pt 2,6-8).
v. 24:
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: Se qualcuno vuole venire dietro a me,
rinneghi se stesso
Gesù
ha parlato del suo destino e poi coinvolge nella stessa sorte anche i suoi
discepoli. Non c’è altra via se non quella tracciata dal proprio maestro.
Attenzione.
Gesù usa il condizionale: “se”. Non obbliga nessuno a seguirlo. Però chi
intraprende la sua strada deve vivere come Lui, seguire Lui. Non deve fare come
Pietro che avendo riconosciuto in Gesù il Figlio del Dio vivente, era stato
proclamato come una pietra adatta per costruire la comunità, quando invece è
radicato nella sua tradizione del Messia vincitore diventa immediatamente una
pietra d’inciampo. Gesù dice a Pietro: vattene dietro a me. Ora ritorna
l’espressione con quell’aggiunta: “rinneghi se stesso”, rinunciare alle proprie
idee riguardo a Gesù (cosa che Pietro evidentemente non aveva fatto) e seguire
il suo esempio.
prenda la sua croce e mi segua.
Prendere
la propria croce non significa frustrare la propria esistenza, ma rinunciare a
questi ideali di ambizione, «sollevi la sua croce e mi segua». Nel linguaggio
comune diciamo che la croce è “data da Dio”. Non è così. La croce è “scelta
dagli uomini”. La croce è il patibolo, il supplizio, che non è che Dio dà a
tutti quanti, ma coloro che liberamente, volontariamente, per amore, vogliono
seguire Gesù, la devono sollevare, da sé. La croce non viene data ma viene
presa per seguire Gesù.
Allora
che cos’è questa croce? La croce non sono le sofferenze o le malattie, che la
vita inevitabilmente ci fa portare. Nel linguaggio biblico significava, essendo
una pena di morte riservata ai rifiuti della società, la perdita totale della
propria reputazione. Allora Gesù a quanti vogliono seguirlo dice: “se qualcuno
consegue desideri di successo, di ambizione, non pensi a venirmi dietro, perché
seguire me significa perdere completamente la propria reputazione”.
Con
queste parole Egli indica ai suoi discepoli la propria sofferenza salvifica,
che dovrà essere anche la loro.
v. 25: Perché chi vuole
salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa
mia, la troverà.
Qui
troviamo la spiegazione di quello che Gesù intende per seguire Lui: fare della
propria esistenza un dono per gli altri. Questo è il significato di perdere la
vita per Gesù; la vita la troverà in pienezza. Invece, chi vorrà salvare la
propria vita , chi adopererà gli altri per sé, costoro la perdono
definitivamente.
Il
verbo “trovare” (heurisko) è ancora
quello dell’uomo che trova il tesoro nel campo o la perla preziosa (cfr. Mt
13,44-52). Tutto questo è legato a un senso di gioia, quella gioia ineguagliabile
che solo Gesù può portare. Una gioia che ti spinge a fare delle scelte
drastiche, irrevocabili.
Questa
gioia è lo sperimentare la beatitudine promessa a chi accetta tutto ciò per
lui. La verità della «legge del perdere e trovare» non si manifesta solo
nell’eschaton, ma già nell’oggi del discepolo: se dai ti arricchisci, se trattieni ti
impoverisci. Noi siamo ricchi solo di ciò che abbiamo donato.
v. 26: Infatti quale
vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita?
O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
In
questo versetto una ulteriore spiegazione completa il senso delle parole di
Gesù.
Per
capire troviamo due verbi: guadagnare e dare. Il primo verbo ci conduce alle
tentazioni di Gesù nel deserto (Mt 4,8). Anche il rimprovero fatto a Pietro:
“vattene dietro a me, Satana”, rimanda al modo con cui il Signore ha vinto il
tentatore e in fondo l’ultima tentazione di Gesù è stata proprio quella di
potersi salvare la vita da solo, scendendo dalla croce.
Il
verbo “dare” in riferimento alla vita lo si trova nel Sal 49,8-9, che nella
versione TILC suona così: “Nessuno può redimere un altro uomo o pagare a Dio il
proprio riscatto. Troppo alto è il prezzo di una vita e il denaro non
basterebbe mai”.
L’uomo
non è padrone della sua vita: se la perde, inseguendo vantaggi fasulli, non è
in grado di “riscattarla”, di riaverla indietro, pagasse anche tutto
l’oro del mondo.
v. 27: Perché il Figlio
dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli
Questo
versetto in greco inizia con un “infatti”, ma non si capisce bene cosa lo
colleghi al versetto precedente. Là si parlava di sequela, qui invece si tratta
di una profezia del ritorno del Figlio dell’uomo in veste di Giudice. La figura
del Figlio dell’uomo, descritta in Dn 7,13-14, viene qui identificata con Gesù,
il quale un giorno ritornerà nella gloria; il vegliardo della visione viene
identificato con il Padre, mentre i membri della corte celeste sono i suoi
angeli (cfr Zc 14,5). In quanto giudice escatologico Gesù applicherà il
principio formulato nel Sal 62,13, in forza del quale ciascuno sarà retribuito
secondo il suo operato.
e allora renderà a ciascuno
secondo le sue azioni.
In
questo contesto l’agire richiesto è uno solo: seguire Gesù. E’ stato appena
detto che l’uomo non può pagare il prezzo per il riscatto della sua vita.
Qualunque cosa faccia, l’uomo non è in grado di salvarsi. Non è un problema di “buone
opere”. È uno degli aspetti più profondi dell’amore di Dio. Egli ti ama e perciò
ti lascia libero, ti giudica secondo il grado di libertà che tu puoi
esercitare.
Il
problema non è di prevedere le conseguenze del sì, ma di come mantenerci
nell’amore che ci ha spinto a dire quel sì, di mantenere la luce di Dio dentro
i nostri cuori, di rimanere figli di Dio posseduti dal suo amore.
Il
giudizio di cui si parla è il momento della verità, nel quale apparirà a tutti
il valore supremo della sequela che i discepoli hanno adottato nella loro vita,
accettandone di buon grado le prove e le sofferenze.
v. 28: «Vi assicuro, vi sono
alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il figlio dell’uomo
venire nel suo regno».
Con il
v. 28 si chiude il cap. 16. Nel successivo capitolo, l’Evangelista presenta la
trasfigurazione di Gesù. Infatti, il versetto fa da cerniera.
A
questi discepoli, a Pietro che non comprende Gesù perché pensa che la morte sia
la fine di tutto, nella trasfigurazione Gesù mostra qual è la condizione dell’uomo
che passa attraverso la morte. Non è vero che la morte diminuisce le persone ma
le potenzia, non è vero che la morte distrugge le persone ma la morte è quel
momento della propria esistenza che consente alla persona di liberare tutte quelle
energie, quelle capacità che aveva ma che nella vita terrena non gli è stata
data la possibilità di esprimere. La morte per Gesù è un dormire e il dormire è
un aspetto dell’esistenza che consente quasi di prendere con più vigore la
vita.
Questo
versetto può aiutare a percepire la venuta di Gesù, Giudice, nei fatti della
vita. Alcuni, infatti, pensavano che Gesù sarebbe venuto dopo (1Ts 4,15-18). Ma
Gesù, di fatto, era già presente nelle persone, soprattutto nei poveri (cfr. Mt
25,34-45).
La Parola illumina la vita
Chi è il mio
modello di vita? Chi sto seguendo?
Sono
consapevole dell’amore di Dio per me? Sono consapevole che Gesù è morto e
risorto anche per me?
Che ruolo
ricopre Gesù nella mia vita? E nelle mie scelte?
Qual è la mia
“croce”? Cosa penso di farne o come la sollevo?
Chi voglio
seguire? Cosa desidero per il mio futuro?
Con quale
atteggiamento mi pongo nei confronti dei fatti della mia vita? Che valore
attribuisco ad essa?
Pregare  Rispondi a Dio con le sue stesse parole…
O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco,
ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata,
senz’acqua.   
Così nel santuario ti ho
contemplato,
guardando la tua potenza e la
tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più
della vita,
le mie labbra canteranno la tua
lode.
Così ti benedirò per tutta la
vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la
mia bocca.     
Quando penso a te che sei stato
il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle
tue ali.
A te si stringe l’anima mia:
la tua destra mi sostiene. (Sal
62).
Contemplare-agire
Accogliamo nel silenzio questa Parola di salvezza. Solleviamo la
nostra croce e seguiamo Gesù sulla via della croce, per essere suoi compagni
nella gloria della risurrezione.

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