Vai al contenuto

Messaggio Finale del XI Capitolo Provinciale

Il periodo 30 agosto – 4 settembre 2021, è stato celebrato XI CAPITOLO PROVINCIALE DELLA PROVINCIA ITALIANA DEI CARMELITANI, a Sassone (Ciampino – RM). Sono stati eletti alla guida della Provincia: M.R.P. Roberto Toni (Priore Provinciale), M.R.P. Nicola Sozzi (Vice Provinciale), M.R.P. Gian Domenico Meloni (primo consigliere), M.R.P. Francesco Sciarelli (secondo consigliere), M.R.P. Henry Venecia Cerro (terzo consigliere), M.R.P. Giampiero Molinari (quarto consigliere).

 

A 30 anni dalla nascita della Provincia Italiana dei Carmelitani A.O. costituitasi con l’unificazione di quattro precedenti realtà carmelitana, si è celebrato il suo XI Capitolo Provinciale.

Lo slogan-sintesi che ha aperto questa assemblea capitolare ed il cuore dei partecipanti al cammino dei prossimi tre anni è stato: Ne ebbe compassione (Lc 10,33) – Uscire, incontrare, prendersi cura.

 

“Ne ebbe compassione” èl’espressione con cui l’evangelista Luca descrive il sentimento del buon samaritano. In lui funziona il cuore! Vede uno che è nel bisogno e lo ama! E grazie al cuore di questo samaritano, quell’uomo mezzo morto potrà di nuovo tornare a vivere, il Samaritano è Cristo!

 

Questo è l’orizzonte di riferimento che l’XI Capitolo Provinciale ha scelto di tener presente nella vita e nell’azione del prossimo triennio: Prendersi cura del mondo che ci circonda del creato e degli ultimi della terra… Tutti abbiamo una responsabilità riguardo a quel ferito che è il popolo stesso e tutti i popoli della terra. Prendiamoci cura della fragilità di ogni uomo, di ogni donna, di ogni bambino e di ogni anziano con quell’atteggiamento solidale e attento, l’atteggiamento di prossimità del buon samaritano” (Papa Francesco nella Lettera enciclica “Fratelli tutti”).

 

È lo stesso orizzonte che anni fa proponeva il Concilio Vaticano II a tutta la Chiesa: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri, soprattutto, sono anche le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Gesù e niente vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore…” (inizio dellaGaudium et Spes). Ecco, nel prossimo triennio ci si chiede di mettere al centro il cuore dando “sapore di umanità” al nostro particolare, ci si chiede direndere conto di quella che è preoccupazione dell’intera umanità nella vita della nostra Provincia, delle nostre comunità ed in quella di ogni singolo religioso.

 

Per camminare verso questo orizzonte il Priore Generale indicava delle scelte e delle realtà da attenzionare in modo particolare:

  • dare testimonianza del nostro essere fraternità contemplativa e profetica a servizio della Chiesa;
  • curare ambienti sicuri che aiutino le persone a scoprire e a vivere la propria vocazione con impegno ed onestà;
  • porre come priorità una buona formazione, non solo quella intellettuale ma anche e soprattutto quella che scaturisce da una vita fraterna vissuta con impegno;
  • in tutto quello che facciamo cercare la giustizia, cioè vivere relazioni corrette tra di noi e con gli altri, con Dio e con il creato;
  • considerare i giovani come soggetti della vita e della missione della Provincia;
  • imparare le tecniche e i metodi per un buon discernimento della volontà di Dio basandoci sull’attenzione alla storia di oggi, sulla conoscenza della Parola di Dio che è luce sulla nostra vita e sul confronto e dialogo nella comunità;
  • approfondire la testimonianza dei nostri modelli originari: Maria ed Elia.

 

Alla luce delle suddette indicazioni, i capitolari hanno definito gli ambiti di lavoro da portare avanti nel prossimo triennio:

  • investimento di risorse materiali e umanenella pastorale giovanilee nell’ambito, importantissimo, della Formazione permanente ed iniziale;
  • attenzione comunitaria all’economia (commissione economica con esperti innamorati del Vangelo e della spiritualità Carmelitana) come strumento indispensabile per la missione della nostra Provincia;
  • accelerazione del processo di autonomia del Congo e della Colombia;
  • promozione di tutta la famiglia carmelitanacome soggetto della vita e della missione della provincia.

 

Avere uno sguardo proiettato al futuro animato dalla speranza, consapevoli del bagaglio carico di tradizioni del passato, ma non possiamo assolutamente permetterci di rimanere ancorati adesso a ciò da cui partiamo. I giovani religiosi siano annunciatori di un messaggio di speranza e di responsabilità.

 

Confidiamo che questi nostri propositi giungano a buon fine con nell’aiuto dello Spirito Santo, l’intercessione di Maria ed Elia e nella preghiera e nell’apporto di tutta la famiglia Carmelitana.

 


Allegato:

RIFLESSIONE SUL LOGO E TEMA DEL CAPITOLO PROVINCIALE.

 

Ne ebbe compassione (Lc 10,33)

Uscire, incontrare, prendersi cura.

 

Il logo,l’immagine simbolica del prossimo triennio, mette al centro il cuore!

“Ne ebbe compassione” è l’espressione con cui l’evangelista Luca descrive il comportamento del buon samaritano.

 

In lui, nel buon samaritano, circola la vita. Funziona il cuore!

Lui si lascia toccare da quell’uomo mezzo morto che incontra sulla strada.

La situazione di quell’uomo lo scuote, lo colpisce profondamente, lo fa star male.

Come può tirare dritto? Come può far finta di niente?

E lui segue il cuore! Vede uno che è nel bisogno e lo ama.

E grazie al cuore di questo samaritano, quell’uomo mezzo morto potrà di nuovo tornare a vivere.

 

Nel logo ci sono tre mani:

due che si uniscono

ed una terza che quasi li spinge, quasi li costringe in questa azione.

 

Abbiamo voluto dare questa interpretazione a quell’immagine:

Le due mani che si uniscono sono le nostre, è la nostra fraternità, sono le nostre comunità, le relazioni tra di noi, i progetti fatti insieme, il nostro stile di vita carmelitano.

La terza mano che spinge le altre due rappresenta tutte quelle situazioni di gente, di popoli, di persone che nel mondo di oggi gridano verso di noi la loro disperazione e la loro sofferenza e chiedono che la nostra scelta di vita, inostri progetti, il nostro essere comunità, fraternità, sia una risposta alla loro sofferenza.

 

Pensiamo solo alle nazioni da dove provengono e dove vivono tanti nostri confratelli: Congo e Colombia.

Il Congonon trova pace: soprattutto le regioni del Nordest del Paese sono investite da tragedie che sembrano essersi unite per creare un sodalizio di morte: l’epidemia di Ebola, gli scontri tra ribelli e forze regolari, le lotte per il controllo del ricco sottosuolo, l’assalto ai villaggi, le razzie, lo stupro delle donne, l’arruolamento dei bambini….

La Colombiaè dilaniata dalla guerra del narcotraffico. E anche qui tantissime persone costrette a lasciare la propria casa, il proprio paese a causa di questa violenza.

 

Ma in quanti luoghi la gente grida verso Dio e verso di noi la loro sofferenza!

  • I popoli senza terra:gli eritrei, i palestinesi, i sinti, i rom, i bosniaci, i sudanesi, questi popoli sono costretti a elemosinare alle nazioni vicine, un pezzo di terra che pure (stando alla Carta dell’ONU del 1948) spetterebbe loro per diritto.
  • popoliche non conoscono pace da generazioni: l’Afghanistan, la Siria, la Libia, l’Iraq, il Mali, il Messico… sono oltre sessanta i paesi al mondo dove ci sono attualmente situazioni di conflitto.
  • popoli che soffrono la fame: 
  • 870 milioni di persone soffrono la fame. Ogni giorno muoiono di fame 17.000 bambini!
  • Ed ancora:
  • donne violentate e uccisetra le mura domestiche (una ogni due giorni in Italia),
  • prigionieri torturati,
  • bambini abbandonati per strada,
  • malati terminaliche faticano non solo a vivere, ma anche a morire…
    • persone che muoiono– causa COVID – nella più squallida solitudinee messi nei sacchi di plastica ammucchiati uno sopra l’altra.

 

Ed ancora:

Ø  il problema ecologico 

Ø  la crisi della politica, dell’economia, la crisi di leadership,

Ø  laricerca di senso

  • l’esigenza di spiritualità, di profondità di vita…

 

La terza mano rappresenta tutto questo grido e questo dolore.

È lo stesso dolore di Dio: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo gridoa causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele”.

 

Mettere al centro il cuore!

Mettere al centro il cuore significa anche partire da quelle che sono le “evidenze” fondamentali.

E una evidenza fondamentale è che il mondo è un’unica famiglia, un unico corpo e che quindi il bene di tutti e anche il bene mioe non viceversa.

Il bene del corpo è anche il bene della mano e non viceversa!

È l’evidenza da cui è partito il Concilio Vat. II per dare un nuovo volto alla Chiesa:

“Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri, soprattutto, e di tutti coloro che soffrono, sono le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Gesù, e niente vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore…”(inizio della Gaudium et Spes).

È l’universale che dà senso al particolare.

È ciò che è comune a tutti gli uomini che dà sapore al mio particolare.

Mettere al centro il cuore è dare sapore di umanità a tutto quello che vivo, alle scelte che faccio, alla fraternità che vivo, ai progetti che metto in atto.In tutto devo rendere conto di quella che è preoccupazione comune dell’umanità!

In questo senso vanno colti i tre verbi che troviamo ai piedi del logo:

 

Uscire, incontrare, prendersi cura.

 

Uscireo fare comunità è la definizione di “comunità”. La comunità, infatti, è l’evento che accade quando un gruppo esce, si apre al tutto, al bene di tutti, al bene di tutta l’umanità. Quando diciamo comunità dobbiamo intendere “la famiglia umana”.

 

Incontrareo accogliere le differenze è aprirsi agli altri, accogliere e raccogliere le differenze, diventare fecondi con la ricchezza degli altri. Non solo. Incontrare è anche avere la possibilità di accedere alla verità di ogni realtà, perché ogni persona, ogni gruppo, ogni popolo racconta la realtà da un certo punto di vista. Allora accogliere il racconto dell’altro mi permette, appunto di accedere alla verità della realtà!!

 

Prendersi cura

“Prendersi cura del mondo che ci circonda e ci sostiene significa prendersi cura di noi stessi…. Tutti abbiamo una responsabilità riguardo a quel ferito che è il popolo stesso e tutti i popoli della terra. Prendiamoci cura della fragilità di ogni uomo, di ogni donna, di ogni bambino e di ogni anziano, con quell’atteggiamento solidale e attento, l’atteggiamento di prossimità del buon samaritano”. (papa Francesco “Fratelli tutti”).

 

Ecco, tutto questo è l’orizzonte di riferimento a cui guardare nelle scelte che in questo Capitolo andremo a fare da adesso in poi!

 

1 commento su “Messaggio Finale del XI Capitolo Provinciale”

  1. Non c’è tema più centrato di questo.
    Oggi purtroppo abbiamo dimenticato cosa vuole dire essere cristiani, essere popolo di Dio, seguaci di Dio. Siamo presi dalla frenesia del potere, dal correre per raggiungere obiettivi che ci allontanano sempre più da Dio.
    Il nostro compito deve essere proprio questo. Uscire fuori e accogliere, aiutare chi ha bisogno. Spero che in questo triennio ci possa essere una svolta nel nostro cammino. Soprattutto nei nostri gruppi, che ci possa essere più coinvolgimento da parte nostra verso il prossimo. Chi scrive è un Carmelitano laico che purtroppo per motivi di lavoro si è allontanato dal gruppo, ma che cerca,anche marginalmente, di aiutare chi ha bisogno, di portare conforto a chi sta male, di recarsi in chiesa anche per una preghiera. Vi confesso che la sera tornando a casa dal lavoro passo davanti la chiesa per salutare ,anche se è chiusa, la Madonna che mi accompagna nella mia vita quotidiana.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *