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LECTIO: BATTESIMO DEL SIGNORE (Anno A)

Lectio divina su Mt 3,13-17

 


Invocare

Padre d’immensa gloria, tu hai
consacrato con potenza di Spirito Santo il tuo Verbo fatto uomo, e lo hai
stabilito luce del mondo e alleanza di pace per tutti i popoli; concedi a noi
che oggi celebriamo il mistero del suo battesimo nel Giordano, di vivere come
fedeli imitatori del tuo Figlio prediletto, in cui il tuo amore si compiace.

Egli è Dio, e vive e regna con te
nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

 
In ascolto della Parola (Leggere)

13 Allora
Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.

14 Giovanni
però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere
battezzato da te, e tu vieni da me?». 15 Ma Gesù gli rispose:
«Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora
egli lo lasciò fare.

16 Appena
battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli
vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. 17
Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato:
in lui ho posto il mio compiacimento».

 
Silenzio meditativo lasciando risuonare nel cuore la Parola
di Dio
 

Dentro il Testo

Con il Battesimo del Signore, assieme all’Epifania e
alle Nozze di Cana, la liturgia della Chiesa celebra la “manifestazione del
Signore”: Cristo Gesù si manifesta Re-Pastore nella piccolezza (Epifania),
Figlio amato del Padre (Battesimo), Sposo dell’umanità (Nozze di Cana). In queste “Epifania” si manifesta l’esistenza messianica:
ogni cristiano, dal giorno del suo battesimo è chiamato a configurarsi a Colui
che ci ha resi figli di Dio.

Il contesto della nostra pericope è
molto chiaro: dopo il Vangelo dell’infanzia del Signore (1,1-2,23), con la
genealogia del Signore, è presentata la predicazione di Giovanni Battista che
annuncia Colui che viene con lo Spirito Santo e il Fuoco e porta con sé i tempi
ultimi (3,1-12); poi è narrato il battesimo (3,13-17) e le tentazioni del
Signore nel deserto (4,1-11). Ora il battesimo e le tentazioni rendono in un
certo senso Gesù idoneo e responsabile all’annuncio dell’evangelo che viene
dopo in 4,12-25.

Nel racconto del Battesimo di Gesù,
Matteo riprende la fonte di Marco (cfr. Mc 1,9-11; Lc 3,21-22) e l’ha inserita
in un dialogo tra Giovanni e Gesù (Mt 3,14-15) che spiega perché Gesù abbia
voluto sottoporsi al battesimo di Giovanni.

Il Battesimo di Gesù rappresenta la sua investitura ufficiale
come Messia, l’inizio del suo ministero pubblico. ma è un Messia che lascia
sorpresi, perché il primo gesto che compie è quello di mescolarsi con i
peccatori.

La Liturgia ci fa celebrare questo mistero di Cristo per
illuminare anche il nostro battesimo, fatto come quello di Gesù “in acqua
e Spirito santo”.

Con il Battesimo inizia la vita pubblica di Gesù e liturgicamente inizia il Tempo Ordinario.

 

Riflettere sulla Parola (Meditare)

v. 13: Allora Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi
battezzare da lui.

Gesù dalla Galilea si reca a Bethabara (a 9 km dalle rive del
Mar Morto, nell’attuale Giordania) per farsi battezzare da Giovanni. La
località può essere la stessa di Betbara, l’antico guado del Giordano di cui
gli uomini di Efraim presero possesso (Gdc 7,24). In questo luogo, Gesù viene
come uno tra tanti mescolandosi tra la folla. In questo luogo Gesù “si fece
vicino”, un’espressione che troviamo associata anche a Giovanni Battista in Mt
3,1, solo che
per Gesù è
più intenso e pregnante.
Esso vuole indicare che l’iniziativa è sempre di Dio e
che risponde alla nostra incapacità di andare da Lui. Quindi l’espressione
usata assume un tono grave e solenne del Re messianico per il Sovrano
salvatore.

Gesù si fa vicino “dalla Galilea”, rileva Matteo quasi ad
accompagnare la folla dei peccatori e mescolarsi con loro, quasi a indicare:
“lo faccio io per primo”. Secondo la logica dell’Incarnazione, non è l’umanità
che va da Lui, ma è Lui che va verso di essa. Gesù che viene dalla Galilea è
l’uomo-Dio che si unisce al suo popolo per condividerne pienamente le attese e
le speranze. In questo suo andare vi è l’intenzione esplicita dichiarata di
essere battezzato, cioè di andare fino in fondo, di essere immerso nella realtà
umana per essere come tutti gli uomini, con tutti gli uomini, in modo che
nessun uomo sia più solo, soprattutto là dove è più solo: nel limite, nella
morte, nel peccato. In forma così aperta, Matteo non lo aveva detto neppure dei
farisei e dei sadducei (3,7). L’Evangelista descrive la scelta fondamentale di
Dio: essere uomo tra gli uomini, essere l’Emmanuele.

Se i Magi erano venuti dal Bambino e lo
avevano riconosciuto, adorato e a Lui reso omaggio di doni, adesso l’Uomo
(Gesù) compie la sua
Parousia propriamente divina, venendo all’uomo
Giovanni, per un atto di abbassamento estremo, farsi “battezzare”,
ossia ricevere un lavacro che dimostra, secondo la predicazione del Battista,
l’intima
metànoia, la penitenza e conversione (Mt 3,13b).

v. 14: Giovanni
però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere
battezzato da te, e tu vieni da me?».

Il dialogo tra Giovanni e Gesù si
trova solo in Mt 3,14-15 e indica un certo imbarazzo da parte di Giovanni a
battezzare Gesù. L’imbarazzo può essere attribuito alla superiorità di Gesù e
del suo battesimo percepito da Giovanni (cfr. v.11) o al carattere del
battesimo di Giovanni «per la conversione».

La reazione di Giovanni è di stupore
e di tale venerazione che lo porta al rifiuto. L’evangelista dice che Giovanni,
«gli impediva»
di accostarsi a lui, rifiutando dunque di dargli il segno
battesimale penitenziale: «
Io ho
necessità di essere battezzato
da Te!».

La reazione del Battista è in
sintonia col comune pensare umano Dio: non è giusto che Dio venga in queste
acque per un battesimo di penitenza. E Gesù dirà: proprio così si compie la giustizia
di Dio.

Qui c’è una necessità di Dio per
essere battezzato. Se non lo facesse l’uomo resterebbe solo e nella sua morte.
Egli desidera immergersi nella nostra situazione, desidera immergersi nel nostro
male, nella nostra morte, nel nostro peccato, vuole donare la vita per noi, che
lo metteremo in Croce.

Proprio in questo grande desiderio di
Dio non si può altro che lasciarlo fare, credere in Lui perché Dio è Colui che
ci ama infinitamente.

In questo incontro tra Gesù e il
Battista vi
è il riconoscimento della
diversità tra i due e la consapevolezza del nuovo (la Nuova Alleanza) che entra
in scena. «Colui che viene dopo di me… vi battezzerà in Spirito santo e
fuoco… ha in mano il ventilabro… pulirà… raccoglierà… brucerà…»
(Mt
3,11-12). La diversità dei due si coglie anche dalla famiglia di provenienza
(sacerdotale quella di Giovanni), dal luogo (Gerusalemme per Giovanni, Nazareth
di Galilea per Gesù) nella modalità del loro concepimento (annuncio al padre,
Zaccaria, secondo il modello antico; annuncio alla madre, Maria), l’età dei
genitori (anziani quelli di Giovanni).

Tutto sta a manifestare il passaggio tra l’Antico e il Nuovo.
Matteo, fin da adesso, prepara i lettori alla novità del Cristo:
«avete
inteso che fu detto, ma io vi dico»
(Mt 5).

v. 15: Ma Gesù gli
rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia».
Allora egli lo lasciò fare
.

L’atteggiamento di Gesù è ancora quello di sottomettersi al
piano salvifico di Dio (così adempiamo ogni giustizia), rispettando il
modo (nell’umiltà-kenosi) e i tempi (l’ora-kairos).
La
risposta di Gesù è breve e senza repliche: “lascia” “concedi”, “adesso”, “ora”:
questo è l’inizio della presenza di Dio tra gli uomini.

Dio sembra chiedere il permesso per
entrare nella nostra storia, nella nostra quotidianità, nel nostro male, nel
nostro peccato: di lasciarsi battezzare in questa situazione. Per questo l’opera
divina non deve essere impedita. Anche Pietro si troverà ad essere di impedimento
nel momento della lavanda dei piedi. Anche lì la risposta di Gesù è senza
repliche:
«Quello che faccio adesso tu non lo capisci» (Gv 13,7)

Pur riconoscendo la superiorità del
proprio battesimo, Gesù si dice tuttavia disposto a comportarsi secondo le
esigenze del battesimo di Giovanni. Il motivo di questa reazione di Gesù è
perché
«adempiamo ogni giustizia»: il noi è riferito anzitutto al Padre
e allo Spirito in rapporto a Lui stesso; poi a Gesù e Giovanni; in seguito,
significa anche il popolo di Dio.

La
giustizia di Dio coincide con la sua fedeltà alla promessa di salvezza. Per noi
non è facile capire questo tipo di giustizia da compiere nella logica di Dio ma
la Scrittura si compie in questo modo. Si compie in quel mistero di passione e
morte, in mezzo a noi, tra i malfattori. E tutta la Scrittura rivela questa passione
di Dio per ciascuno di noi e come si realizza. Allora si può dire che con la
missione di Gesù inaugurata dal suo battesimo, arriva a compimento “ogni
giustizia”, cioè l’attuazione integra della volontà di Dio.

v. 16: Appena battezzato,
Gesù uscì dall’acqua

Matteo
non descrive il battesimo di Gesù, ma parla del suo uscire dall’acqua. Il
battesimo prevedeva una completa immersione della persona fino a scomparire
dalla vista per poi venire fuori rinato, nuova creatura.

Gesù
fa la stessa cosa. Ecco che ritorna l’acqua con tutta la sua valenza simbolica;
Gesù scende nell’acqua, s’immerge, scende, si abbassa … questo suo abbassarsi
richiama la discesa nelle profondità, immagine che rimanda all’inabissarsi
nella morte, alla discesa agli inferi. Gesù non compie solo un gesto penitenziale
ma ogni suo gesto è una chiara allusione a tutto quello che vivrà nella
passione, morte e risurrezione!

ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide
lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui.

Lo “spirito” indica la potenza di Dio che scende su Gesù per
abilitarlo a compiere la sua missione, che ha appunto inizio proprio con questa
potenza.

Possiamo qui notare la stessa cosa con Maria in Lc 1,35, il parallelo tra lo spirito di
Dio e la potenza di Dio: “Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza
dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra”. Lo Spirito divino è presentato in
forma di colomba. Gli ebrei rappresentavano lo spirito proprio con tale
uccello; “spirito” (
rùach) in ebraico è un nome femminile. Nel Cantico dei Cantici la voce
della colomba (2,12) è interpretata come la voce dello Spirito Santo. Dato che
presso i rabbini riunisce e guida Israele, anche Israele è a volte paragonata
nei
Salmi a una colomba:
“Si coprono d’argento le ali della colomba e d’oro le sue piume” (
Sal 68,13); una colomba che
posa il volo su grossi alberi, i “terebinti lontani” (
Sal 56,1).

Nella
tradizione biblica la colomba è legata alla fine del diluvio. Terminato il
periodo in cui le acque avevano annientato la vita sulla terra, Noè lascia
uscire la colomba, la quale ritorna con un ramoscello di ulivo nel becco, segno
che la vita riprende: quella colomba è l’annuncio della fine del diluvio. Così
l’evocazione della colomba – che caratterizza in qualche modo lo Spirito Santo
– ci fa comprendere che in quel momento, quando cioè Gesù inizia la sua
missione scendendo fino in fondo, finisce il diluvio, finisce il
naufragio dell’umanità: è il momento decisivo in cui Dio interviene nella storia
dell’uomo. La discesa di Cristo nelle acque prefigura la sua discesa agli
inferi e si realizza la parola del salmista (cfr. Sal 74, 13-14), egli
schiaccia la testa al nemico. Il Battesimo non solo prefigura, ma inaugura e
anticipa la sconfitta di Satana e la liberazione di Adamo.

Da
questo momento il compito di Giovanni “il Battista” finisce ed esce di scena.

v. 17: Ed ecco una
voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il
mio compiacimento».

La
voce del Padre parla due sole volte nel Vangelo, al Battesimo e alla Trasfigurazione.
La prima parola che dice è «Figlio», termine ricco di passione, «Amato» è la
seconda parola.

La parola “figlio” in ebraico suona con “ben” che
indica non solo la relazione (in senso generativo) con il padre terreno, ma
anche l’affetto verso chi è chiamato “figlio”. Il popolo di Israele, che Dio
ama dopo averlo scelto per puro amore, è chiamato “figlio”: “Così dice il
Signore: Israele è mio figlio” (Es 4,22; cfr. Is 1,2; Ger 31,8, Os 11,1). Il re
davidico è chiamato lui pure “figlio”: “Io sarò per lui un padre ed egli mi
sarà figlio” (2Sam 7,14). Il “servo” messianico (Is 42,1), nonostante sia
presentato come una creatura amata da Dio, non è mai tradotto con “figlio” ma
con “schiavo”. Per rilevare l’amore di Dio verso Gesù, questi è anche chiamato “l’amato”.

Matteo dice proprio “Questi
è”
e non “tu sei” il mio Figlio diletto. Gesù
è di natura divina e allo stesso tempo è il nuovo Adamo, inizio di un’umanità
nuova riconciliata con Dio insieme alla natura riconciliata anch’essa con Dio,
attraverso l’immersione del Cristo nelle acque.
«Il diletto»: in greco fa  ho-agapètòs ,
dove l’articolo ha la funzione di sottolineare la straordinaria potenza e
significato del titolo. Ciò richiama a Gen 22, dove l’ebraico ha jahid =
l’unico, il Monogenito (vv. 2.12.16) che è la vittima sacrificale, quella che
il Padre dona per tutti gli uomini come ci ricorda san Paolo: «Egli che il
proprio Figlio non risparmiò, bensì a favore di noi tutti o consegnò»
alla
croce (Rm 8,32).

Da questo momento con lo Spirito
Santo Gesù si avvicina alla Croce, annunciando l’evangelo e operando i segni
della Resurrezione che riconquistano il Regno al Padre in favore degli uomini.
Per questo Dio “si compiace”. In Gesù il Padre vede il
Figlio amato, capace di una relazione filiale autentica con Lui e una relazione
fraterna autentica con la gente, e in particolare con i falliti della storia. Nel
Figlio amato, il Padre vede anche tutti noi, immersi per mezzo del nostro
battesimo nel mistero pasquale del Signore (Rm 6,3-7), chiamati a conformarci
all’immagine del Figlio suo (Rm 8,29).

 

Ci fermiamo in
silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio
sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato

 

La Parola illumina la
vita e la interpella

Quale
atteggiamento assumo nei confronti dei miei peccati?

Sono
obbediente alla volontà di Dio, affinché si compia ogni giustizia?

La
logica solidale del servo di Dio prende anche la mia vita?

Il mio essere “battezzato” è un conformarmi a
questo mondo o invece è un continuo, anche se faticoso, cammino di coerenza
cristiana come testimone della
Fede
in Cristo?

Quanto so essere per gli altri, e per me, uomo della Speranza e della fiducia in Colui che
tutto può, anche nei momenti più critici della Vita?

Quanto sono capace di realizzare nei piccoli gesti quotidiani
l’attenzione e la
Carità verso
gli altri?

 

Rispondi a Dio con le
sue stesse parole
(Pregare)

Date al Signore, figli di Dio,

date al Signore gloria e potenza.

Date al Signore la gloria del suo nome,

prostratevi al Signore nel suo atrio santo.

 

La voce del Signore è sopra le acque,

il Signore sulle grandi acque.

La voce del Signore è forza,

la voce del Signore è potenza.

 

Tuona il Dio della gloria,

nel suo tempio tutti dicono: «Gloria!».

Il Signore è seduto sull’oceano del cielo,

il Signore siede re per sempre. (Sal 28).

 

L’incontro con l’infinito di Dio è
impegno concreto nella quotidianità
(Contemplare-agire)
«Il Battesimo è il sacramento su cui si fonda la
nostra stessa fede e che ci innesta come membra vive in Cristo e nella sua
Chiesa (…) Siamo chiamati a vivere il nostro Battesimo ogni giorno, come
realtà attuale nella nostra esistenza»
(Papa Francesco).

 

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