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Messa per ordinazione di fra’ Matteo Antollini dell’ordine Carmelitano

Omelia

 

Grazie al Signore, mistero di amore che non smette di rivelarsi nella nostra vita e rivestirla della sua grandezza. Siamo e restiamo fragili, vulnerabili, peccatori, contraddittori, tanto che non facciamo il bene che vogliamo e assecondiamo il male che non vorremmo. Ecco, un grande grazie al Signore per il dono di Matteo e della sua vocazione nella famiglia carmelitana e, oggi, del suo ministero presbiterale. Matteo significa – lo sappiamo – dono.

Mio papà quando lo ricordava, guardandomi, aggiungeva sottovoce che ancora non era riuscito a scartarlo, terminando con uno sconfortato: “Mah!”. In realtà mi ha sempre amato come un dono, consapevole che tutto è dono e lo possediamo solo se a nostra volta lo regaliamo. Ognuno è sempre un dono, unico per di più! E quando qualcuno se lo dimentica perché gli altri non lo accolgono, aiutiamolo a ricordarglielo, amandolo. E a chi per paura o orgoglio si tiene tutto per sé offriamo aiuto con tenerezza e gentilezza, coinvolgendolo nel nostro amore. Caro Matteo, sei proprio un dono! Siamo felici per te, e per quello che lui oggi sceglie. Sceglie o è scelto? È lui che si mette in mezzo o è Gesù che lo chiama e gli regala il servizio del presbiterato? In realtà le due cose coincidono e quando questo avviene – come sempre quando si trova l’amore – si trova davvero se stessi, si realizza quello che si desidera perché si realizza quello che l’altro desidera. Ecco la grandezza della vocazione. E l’ordinazione di oggi ci ricorda che ognuno ha la sua, ci spinge a non sciupare la nostra vivacchiando o trascinandola, ci interroga di nuovo con la domanda piena di speranza e di luce: “Cosa chiede il Signore a me, oggi? Cosa desidero e cosa desidera?”.

È sempre tutto gratuito! Un dono non si vende, non si contratta, si regala. E pure con gioia, non con aria sofferente o paternalista, come avviene quando uno gonfia se stesso finendo per dimenticare che ha ricevuto gratuitamente e per pensare di sprecarsi se lascia qualcosa agli altri. E non ringrazia di poter fare qualcosa! Solo chi dona è contento, essendo tutta una questione di amore! La vita si complica proprio quando non la doniamo. Per questo oggi sentiamo tanta gioia, quella di Matteo e delle sue due famiglie. È una gioia per papà Enrico (anche il mio si chiamava così!) e Rosanna, che li consola e rafforza.

Poi, avendo saputo che il papà è di Bozzolo e faceva il chierichetto a un certo don Primo, che cercava i lontani quando altri imbracciavano le armi del rigore e prendevano la mira (qualcuno non ha smesso perché pensa di difendere la verità se non colpendo con le pietre della condanna i lontani che, forse, chiedevano qualcuno che si facesse vicino a loro. E, se sono lontani, è anche per colpa nostra). In un mondo pieno di sospetti, di disillusione che spegne ogni speranza, di bilance molto tarocche che calcolano il valore, perché un leggero foglio nostro pesa più di interi libri di vita scritta da altri, ecco il segreto della gioia di oggi: la gratuità. Dono. Regalo. Non saldi! Quelli li fa il mondo che si libera del tanto che ha perché perde valore. Tu regali quello che hai di più bello, di più prezioso: te stesso, tutto te stesso, con tutta l’anima, la mente. E lo fai sempre con tanta sensibilità, con l’umanità con la quale tutti noi ti conosciamo, che ha trovato buona profondità e larghezza nel seguire il Signore con i consigli evangelici. Questi non ci privano della vita, ci aiutano a trovarla! Per te, Matteo, la storia è cominciata proprio andando in periferia, in Colombia, quando chiedesti di andare nel posto più povero. Gli incontri diventano chiamate. Ma li riconosciamo, come Santa Teresina, da piccoli e deboli ma pieni di fiducia nella forza di Gesù. Così tutto diventa davvero grande ed eterno. Il Carmelo lo trovi e lo ritrovi sempre così: contemplando la grandezza della vita insieme a Maria, umile, innalzata da Gesù, che ha creduto a Gesù e ha sperato in Lui, vetta dell’incontro dell’uomo con Dio. Lei ci aiuta a giungere alla santa montagna.

I consigli evangelici li possiamo vivere in maniera diversa, ma dobbiamo viverli tutti e possiamo viverli tutti! E la povertà ci libera dal correre dietro gli idoli, dal mettere il cuore in quello che te lo ruba e ti deforma, che ti fa credere di stare bene perché possiedi. La castità ci protegge da una vita pornografica, che semplicemente non sa amare e riduce l’amore a poche note quando invece può comporre una melodia enormemente più ricca e bella. L’obbedienza ci rende liberi, liberi per davvero, dalla vera condanna ad essere un’isola, che è il vero inferno sulla terra e dopo. “Ecco, a questo il Signore dal seno materno ti ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome”. Il presbiterato ti rende l’uomo della comunione. Per donarla devi viverla con Gesù e con i fratelli che ti dona. Rendila concreta nel pensarti insieme a loro.

Spezza il suo corpo e la voce della sua parola perché scaldi i cuori degli uomini e generi la vita eterna. Ricorda sempre che i poveri sono essi stessi il corpo nel quale riconosciamo la presenza di Gesù. È l’altra eucarestia, quella del servizio, intimamente unita all’altra. E come figlio del Carmelo e di questa Madre che con il suo manto protegge tanti, che rende lieve la salita con la sua presenza, ricorda che il presbitero è sempre l’uomo della comunione, perché intorno a Gesù si crea e si ricrea la sua famiglia, il legame dei suoi fratelli, chiamati ad avere un cuore solo e un’anima sola. Testimonia sempre un amore così.

Quanto c’è bisogno di comunione, che dà valore al poco della nostra vita che si perde quando ci pensiamo come un’isola! Ti aiuti ad essere uomo del futuro Giovanni Battista, che prepara la via per chi deve venire, che vede quello che attende, che lo indica presente nella vita e nei cuori degli uomini svelando il suo volto altrimenti confuso e non riconosciuto. Per farlo come lui devi pensarti per Lui, attenderlo come chi sa che viene, attenderlo anche nella fatica. La vita carmelitana è una risposta alla sete dell’uomo contemporaneo, che nel profondo è sete di Dio, sete di eterno e tante volte non lo capisce, lo sta cercando dappertutto. Ed è al riparo da psicologismi, spiritualismi, o da falsi aggiornamenti che nascondono uno spirito di mondanità. Camminare – come dice la vostra Regola – “in obsequio Iesu Christi”, e farlo nella gioia. Diceva Titus Brandsma: “Dio conduce stelle e pianeti nella loro orbita; dona vita a piante e ad animali. Egli porta il mondo nella sua mano e ne garantisce la tranquilla persistenza. Dio abita in noi e apre l’occhio del nostro cuore su ciò che conta; sussurra in noi la sua parola e ci spinge a eseguirla… Questa inabitazione e penetrazione di Dio non deve solo essere oggetto della nostra intuizione, ma deve manifestarsi nella nostra vita, deve esprimersi nelle nostre parole e azioni, deve irradiare da tutto il nostro essere e da tutto il nostro agire”.

Egli, testimone fino alla fine sereno e forte, pregava così: “Il calore e la sicurezza mi piacciono, ma non mi ribellerò se mi toccherà stare al freddo, purché tu, Signore, mi tenga per mano. Andrò dappertutto e cercherò di non aver paura. E dovunque mi troverò, cercherò di irraggiare un po’ di quell’amore, di quel vero amore per gli uomini che mi porto dentro”. Sia così anche per te, fratello caro.

Roma, Basilica di Santa Maria in Transpontina

24/06/2023

S.Em. Cardinale Matteo Maria Zuppi

 

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